L’Olanda è uno dei paesi europei che mantengono le relazioni più strette con Israele. Nonostante ciò le aziende, pubbliche e private, del paese dei tulipani non esitano ad adeguarsi alla linea europea di stop alla cooperazione con le imprese israeliane che operano nelle colonie ebraiche costruite dopo il 1967 nei Territori palestinesi occupati. Ieri il quotidiano Haaretz ha rivelato che la più grande società di gestione dei fondi pensione nei Paesi Bassi, la Pggm, ha deciso di ritirare tutti i propri investimenti dalle cinque maggiori banche di Israele – Bank Hapoalim , Bank Leumi, Bank Mizrahi-Tefahot, First International Bank of Israel e Israel Discount Bank – perché hanno filiali nella Cisgiordania occupata e perchè sono coinvolte nel finanziamento della costruzione degli insediamenti colonici. La Pggm è la più grande società di gestione dei fondi pensione dell’Olanda e una delle principali nel mondo (amministra 150 miliardi di euro).

Un passo non isolato perchè, il mese scorso, l’azienda olandese Vitens ha sospeso la cooperazione con la compagnia idrica nazionale di Israele, Mekorot, alla luce delle operazioni di quest’ultima negli insediamenti colonici. Poche settimane prima un’altra società olandese aveva annullato un contratto per la costruzione di un impianto di trattamento delle acque reflue che aveva firmato con la società Hagihon di Gerusalemme perchè ha la sua sede proprio sopra la Linea Verde, il “confine” tra Israele e la Cisgiordania. Gli investimenti della Pggm nelle banche israeliane ammontano a solo poche decine di milioni di euro ma la revoca dell’impegno finanziario rischia di danneggiare l’immagine degli istituti di credito e di avere riflessi in altri settori economici di cooperazione tra Europa e Israele. La Pggm ha spiegato che il suo passo è basato sul parere consultivo rilasciato dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia nel 2004, che ribadisce che gli insediamenti colonici nei Territori palestinesi sono illegali e violano l’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra. Le banche si sono difese rispondendo che la legge israeliana non permette loro di cessare la fornitura del servizio a soggetti legati agli insediamenti colonici. Gli olandesi hanno respinto questa giustificazione e comunicato la loro decisione di tagliare i rapporti. Un pugno allo stomaco per Israele che, peraltro, già affronta un numero crescente di iniziative di boicottaggio della sua politica di occupazione militare e dei diritti dei palestinesi lanciate dai comitati BDS (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) presenti in molti Paesi.

La notizia diffusa da Haaretz è giunta all’indomani degli scontri fra un gruppo di coloni israeliani, determinato a compiere un raid “price tag” (prezzo da pagare), e gli abitanti del villaggio cisgiordano di Qusra (Nablus). Tutto è nato dalla demolizione dell’avamposto di Esh Kodesh (illegale anche per la legge israeliana) da parte dell’Esercito. A questo atto “inaccettabile” i coloni hanno deciso di rispondere vendicandosi con i palestinesi e lanciando una scorribanda nelle terre coltivate di Qusra dove hanno attaccato una famiglia e alcuni contadini. Fermati in primo tempo, i coloni hanno poi tentato una attacco allo stesso villaggio dove però hanno trovato gli abitanti decisi a vendere cara la pelle. Individuati e circondati, i coloni sono stati malmenati e rinchiusi per due ore in una casa in costruzione. Alcuni palestinesi hanno impedito una escalation fino all’arrivo dei militari israeliani che hanno preso in consegna i coloni.

La stampa israeliana e diversi esponenti del governo Netanyahu hanno condannato le “teste calde” presenti tra i coloni che attaccano i centri abitati palestinesi e chiesto che sia fatta rispettare la legge. Alle parole, come quasi sempre capita in questi casi, non sono seguiti fatti concreti e i coloni si sono immediatamente vendicati attaccando il villaggio di Madma (Nablus) e lanciano bottiglie molotov contro due macchine che hanno preso fuoco. A Gerusalemme, nel rione ortodosso Gheula, un palestinese è stato aggredito e ferito.

La tensione intanto torna alta a Gaza dove un palestinese Mohamad Hejila, 32 anni, presunto militante del Jihad Islami, è stato ucciso ieri mattina da un missile sganciato da un drone israeliano.