D’Alema si riferisce a lui quando parla di «dirigenti arroganti». Dalla base del partito comincia a farsi sentire il malcontento per i circoli chiusi e per la gestione delle primarie. Soprattutto del pasticciaccio delle schede bianche, il cui numero è stato gonfiato poi corretto dopo le denunce della stampa. Anche il senatore dissenziente Walter Tocci lo critica dalla sua newsletter, anzi lo esorta «ad andare via». Giorni difficili per Matteo Orfini, il presidente del Pd e commissario del partito romano, sul quale Matteo Renzi ha scaricato un anno fa la patata bollente di rifondare il partito. Orfini si difende alla sua maniera, attaccando: «Tocci mi critica? A Roma c’è stata Mafia Capitale, questo è il motivo del commissariamento. Mi stupisco che non ci sia stata una parola di autocritica da parte dei protagonisti del partito in questi anni. I padri di quella stagione dovrebbero riflettere sul perché tutto questo sia accaduto. Quando mi è stato chiesto di fare il commissario nessuno credeva che il Pd potesse ancora essere competitivo alle elezioni, oggi lo siamo. E questo vuol dire che l’opera di radicale cambiamento fatta è stata compresa dai romani. Io penso che il partito stia rinascendo, ogni tanto c’è qualche colpo di coda di chi ha nostalgia di quel partito coinvolto in Mafia Capitale».