Tra i molti rivoluzionari che intorno al 1874 affollavano le carceri russe, il geografo anarchico Petr Kropotkin poté godere di privilegi inconsueti: durante i due anni e mezzo trascorsi nella fortezza di Pietro e Paolo, gli fu concesso di dedicarsi indisturbato alla stesura della sua opera sulla orografia della Siberia orientale.

Per quanto possa sembrare paradossale, era stato lo stesso zar Alessandro II a ordinare di fornire carta e penna a colui che voleva rovesciarlo dal trono, affinché potesse descrivere le terre più remote del suo regno.

D’altronde, è improbabile che altri sudditi a lui più fedeli fossero in grado di assolvere a un simile compito. Quel rampollo di un’antica casata principesca, invece, entrato a far parte della Società Geografica Imperiale Russa a soli ventisei anni, non solo aveva girato in lungo e in largo la Siberia ma anche avanzato ipotesi, poi confermate dalle esplorazioni, sugli effettivi contorni delle zone più settentrionali della Russia. Il prigioniero, tuttavia, non approfittò più di tanto della magnanimità del sovrano: nel luglio 1876, sfruttando una disattenzione delle guardie, evase dal carcere pietroburghese e riparò in Inghilterra.

Interessi scientifici e sedizione politica si intrecciarono nella lunga vita di Kropotkin in un groviglio inestricabile. Già nel corso della spedizione siberiana del 1866 l’allora ventiquattrenne, oltre ad avventurarsi in territori mai mappati prima, incontrò i decabristi che vi languivano in esilio. Proprio in quelle lande desolate dove la presenza del governo centrale si manifestava esclusivamente sotto forma di oppressione, il giovane perse ogni fiducia nella disciplina imposta dallo Stato: «Benché allora non formulassi le mie osservazioni nei termini della lotta politica, ero già pronto a diventare un anarchico», così dirà nelle sue Memorie di un rivoluzionario.

Che per Kropotkin l’indagine empirica della realtà non fosse affatto in contraddizione con il sogno di un mondo migliore, anzi, lo dimostra quella che, forse, insieme a Campi, fabbriche, officine, è la sua opera più originale. Uscito a puntate sulla rivista «Nineteenth Century» a partire dal 1890 e poi raccolto in volume nel 1902, Il mutuo appoggio fu tradotto in italiano negli anni Trenta dall’anarchico Camillo Berneri, che di lì a breve, nel maggio 1937, in piena guerra civile spagnola, sarebbe stato assassinato a Barcellona per mano degli stalinisti.

Ora la casa editrice Elèuthera lo ripropone in una nuova traduzione (di Giacomo Borella e Daniella Engel, pp. 392, € 20,00) che mette in risalto l’attualità di questo classico del pensiero politico, specie in un momento come questo, in cui la riflessione sulle dinamiche dell’interazione sociale in rapporto alla produzione economica e agli equilibri ecologici ha acquisito una urgenza speciale.

L’autore parte da un presupposto simile a quello che fu di Lev Tolstoj in Guerra e pace: «Le bufere e le tempeste fanno perdere di vista i giorni belli e soleggiati. Anche ai nostri giorni la voluminosa documentazione che prepariamo per i futuri storici (…) soffre dello stesso tipo di parzialità. Tramanda ai posteri le più minuziose descrizioni di ogni guerra, di ogni battaglia o scaramuccia, di ogni disputa, ma non contiene o quasi traccia degli innumerevoli atti di reciproco sostegno o devozione che ognuno di noi conosce per propria esperienza personale».

Sfidando l’opinione corrente per cui la Storia consisterebbe unicamente di una interminabile serie di violenze e sopraffazioni, Kropotkin tenta di restituire visibilità alle forme anonime di aiuto reciproco tra gli esseri viventi. In questo si riallaccia non solo a Rousseau, che l’aveva persuaso dell’innocenza naturale dell’individuo, ma anche allo zoologo russo Kessler, che già nel 1880 aveva cercato di dimostrare come tra gli animali l’istintiva tendenza al mutuo appoggio incidesse molto di più ai fini dell’evoluzione che non la lotta spietata per la sopravvivenza.

Estendendo queste osservazioni all’uomo, il principe anarchico finirà per distanziarsi dalla corrente principale del pensiero evoluzionistico che interpretava lo sviluppo dei costumi come espressione di una incessante conflittualità. Al contrario, secondo Kropotkin, lo studio delle istituzioni sociali viste nel loro divenire (dal clan alla comune di villaggio, passando per la città medievale) evidenzia comportamenti altruistici che rappresentano l’arma più efficace nella lotta contro le forze che minacciano la sopravvivenza del gruppo.

Com’è ovvio, la teoria del mutuo appoggio si riverberò anche sul pensiero politico di Kropotkin e sulla sua idea di anarchia. Se il principale fattore di progresso nella società sta in una convivenza armonica basata sul soccorso reciproco, l’obiettivo della lotta politica non dev’essere la vittoria di una classe sull’altra, bensì la definitiva scomparsa della suddivisione in classi. Un ideale di eguaglianza che Kropotkin attinge all’osservazione dei comportamenti animali, anche se amplissima è la varietà delle discipline – dalla biologia all’etica, dalla storia all’antropologia – che passa in rassegna per documentare le forme di cooperazione tra gli esseri viventi.

Lo stile invariabilmente brillante del Mutuo appoggio fa sì che possa essere letto anche come una raccolta di curiosità, una magnifica Wunderkammer di casi impensabili di solidarietà, che l’autore dal suo esilio londinese dovette collezionare con lo stesso desiderio di scoperta che ventenne lo aveva spinto in Siberia a risalire fiumi dai nomi fantasiosi come Žuj e Muj. Dagli Eschimesi che ridistribuiscono periodicamente alla tribù le ricchezze accumulate dai singoli nel corso dell’anno Kropotkin passa agli uccelli polari che covano a turno nidiate comuni o alle scimmie titì che, come riferì Alexander von Humbolt, «quando piove si abbracciano e si proteggono a vicenda, attorcigliando la loro coda attorno al collo delle compagne tremanti».

E forse, l’esempio più epico si trova in quelle righe degne di Tolstoj in cui Kropotkin descrive un intero villaggio russo intento a falciare il fieno: «uno spettacolo esaltante che mostra cosa il lavoro potrebbe e dovrebbe essere».