I«Abbiamo parlato a lungo delle questioni di attualità internazionale ed è stato confermato che le posizioni di Russia e Cina su tutte questioni chiave sono simili o, come dicono i diplomatici, coincidenti».

È un Putin raggiante quello che si presenta ai giornalisti dopo oltre tre ore di colloquio con il presidente Xi Jinping al Cremlino. Dopo alcuni anni il leader cinese ha accettato di essere l’ospite d’onore al Forum Economico Mondiale di San Pietroburgo che inizia oggi: tuttavia prima di volare insieme nella città di Pietro I i due hanno voluto avere un faccia a faccia al Cremlino su tutti i temi caldi della situazione mondiale. A partire dalla necessità di contrastare l’iniziativa americana in campo finanziario basata su dazi, sanzioni e protezionismi. A questo scopo Russia e Cina «confermano la volontà di sviluppare le loro relazioni sulla base delle delle loro valute nazionali» è stato sostenuto nel comunicato congiunto al termine dell’incontro.

UN RICHIAMO a una «dedollarizzazione» delle rispettive economie, per ora poco più di un auspicio: secondo la banca Btv di Mosca l’interscambio tra i due paesi avviene ancora per il 75,8% con biglietti verdi.

Putin ha auspicato un’accelerazione anche sui progetti comuni di investimenti nelle infrastrutture: la Cina è da tempo diventata il primo partner economico della Russia con oltre 100 miliardi di dollari di scambi ma è anche vero che oltre un quarto del totale è ancora rappresentato dall’esportazione di gas e petrolio russi e Putin ha una tremenda necessità di avere a disposizione capitali freschi e di differenziare la sua economia.

LA CINA HA GIÀ MESSO SUL PIATTO 22 miliardi di dollari, i quali però bastano solo alla Russia per colmare i mancati investimenti europei dopo la crisi in Ucraina.

Accordo pieno anche sui temi del disarmo e per giungere a un nuovo accordo con gli Usa sulla non proliferazione dei missili atomici. Qui però l’occhio di Xi sembra più puntato sugli equilibri in Asia «dove si deve giungere a una soluzione condivisa nella penisola coreana» e con il richiamo a implicito a Trump perché torni sui propri passi nel rapporto con Teheran, «che deve essere basato dalla natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano» afferma la dichiarazione finale comune.

STESSA LUNGHEZZA D’ONDE sul Venezuela. Mosca ritenendo la situazione a Caracas per ora stabilizzata rimanderà presto a casa gran parte dei suoi consiglieri militari e anche Pechino, i cui investimenti nell’economia del paese è ancora più ingente di quella russa, si schiera «per una soluzione diplomatica che coinvolga tutti gli interessi in campo»: un segno di distensivo nei confronti degli Usa in attesa di vedere come questi intendano risolvere il rapporto con l’ormai fastidioso fardello di Juan Guaidó.