Primo, naturalmente i migranti. «L’Italia non si è mai tirata indietro e mai lo farà». Nel preciso istante in cui il presidente della camera Roberto Fico alla sua prima cerimonia del Ventaglio dice cose di sinistra – che però non reggono alla prova dei fatti – la nave Open Arms denuncia l’omissione di soccorso in acque internazionali e viaggia verso la Spagna con a bordo Josefa, la donna salvata in acque libiche, insieme ai corpi senza vita di un’altra donna e di un bimbo di 5 anni. E il cargo tunisino Sarost 5, con 40 migranti a bordo, vaga per il Mediterraneo in cerca di un porto. «In mare bisogna salvare vite sempre e comunque», insiste Fico. Non fa così il suo governo. Ma per rappresentare «l’ala sinistra» della maggioranza gialloverde per ora gli basta dire cose che non piacciono a Salvini. Per i fatti si può attendere.

Dunque, primo i migranti. Secondo, i beni comuni: «La mia storia politica deriva dall’acqua pubblica», ricorda, e ora «lego la mia presidenza all’approvazione di una legge definitiva, seria e sostanziale sull’acqua pubblica». Terzo, che ne è della verità sulla morte di Regeni, gli chiede Marco Di Fonzo, presidente della Stampa parlamentare. «Non mi arrenderò», risponde, «ne va della dignità del nostro paese», per questo prima di incontrare il presidente del parlamento egiziano ha voluto parlare con i genitori di Giulio.

Al tradizionale faccia a faccia prefestivo con i cronisti del palazzo il presidente «istituzionale ma combattente» (è un’autodefinizione) sbanda volontariamente a sinistra, a parole. Tanto più che il ventaglio che gli viene regalato ha il disegno di due scarponi, «Attraversamenti», l’ha chiamato la giovane autrice Zahra Vismeh, iraniana ma anche leccese. L’allusione ai migranti è chiara e non lo mette in imbarazzo. Anzi. Fico indossa il suo sorriso più mite e amichevole. Anche perché se fino alla scorsa legislatura i tic ’anticronisti’ dei 5 stelle erano di una minoranza all’opposizione, ora il «movimento» è al governo. E il rapporto con la stampa si fa delicato e istituzionale. «Non si può prescindere dal lavoro attento, continuo e critico dei giornalisti», avverte Di Fonzo.

Ma davanti ha il volto umano della linea gialloverde, che non fa economia di referenze democratiche e di sinistra e quasi quasi sembra mettersi sulla scia di chi l’ha preceduto, Laura Boldrini: Fico rivendica la sua provenienza dal movimento benecomunista. E, sui viaggi disperati del Mediterraneo, chiede che «ogni paese si prenda le sue responsabilità» ma ribadisce che «in mare non esiste razza, sesso, religione, colore della pelle»: in realtà neanche sulla terraferma. Prende le distanze anche dal populismo giudiziario dei suoi quando spiega che, a proposito di carceri, lui è per la «certezza delle pene», quindi favorevole a quelle alternative, «perché non possiamo non pensare a quale persona restituiremo alla società alla fine». E sui probabili ricorsi contro il provvedimento sui vitalizi che porta la sua firma: «Sono pronto a rinunciare all’immunità parlamentare».

Quanto infine alla collaborazione con i cronisti, Fico si profonde in giuramenti di trasparenza. Però quando gli viene chiesto se lui, da rappresentante M5S, farebbe mettere fine a questa discutibile pratica di non accettare il confronto con altri politici in tv, perde momentaneamente il sorriso e si riallinea subito ai diktat del suo partito: «I direttori sono liberi. Se per alcune tv le condizioni poste dal M5S sono inaccettabili non le accettino. Se credono che ci sia comunque valore aggiunto nonostante le condizioni poste, sono valutazioni che sono in mano all’autonomia dei giornalisti». Niente confronti tv, i talk se ne facciano una ragione.