Con la società civile italiana e quella egiziana che chiedono ancora verità per Giulio Regeni, a nove mesi dalla sua sparizione, il 25 gennaio 2016 al Cairo, dall’Europa non arriva il sostegno politico atteso.

Anzi, i legami con il regime di al-Sisi non fanno che stringersi: dopo i maxi prestiti di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale al governo golpista, è la Ue a venire in soccorso di un paese in crisi economica: domenica la Banca Europea degli Investimenti (Bei) ha firmato con il governo egiziano l’accordo per un prestito da 740 milioni di euro.

All’incontro erano presenti il premier Sherif Ismail e il vice presidente della Bei Scannapieco. Sul tavolo una serie di progetti da finanziare con il prestito quasi miliardario, tra cui l’acquisto di 13 treni per la seconda linea della metro della capitale e lo sviluppo del porto di Safaga sul mar Rosso (zona in cui si trova il 75% delle risorse minerali del paese), parte del faraonico progetto inaugurato da al-Sisi nel cosiddetto Triangolo D’Oro.

Ma soprattutto ci sono 500 milioni da girare alla Banca Nazionale d’Egitto per il sostegno a medie e piccole imprese e altri trenta per la Banca di Sviluppo dell’Export, volti a promuovere le esportazioni. Il ministro dello Sviluppo internazionale Nasr giubila: dare un mano alle aziende di piccole e medie dimensioni, dice, servirà a far calare il tasso di disoccupazione, al 12,5% nel secondo quadrimestre del 2016.

Al prestito si aggiunge l’accordo di assistenza economica da 129 milioni di euro stretto l’11 ottobre tra il ministro Nasr e il commissario europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento, Johannes Hans. Il denaro andrà a finanziare progetti inerenti l’energia rinnovabile, l’igiene, il miglioramento delle condizioni di vita nelle zone più povere.