Dall’antimafia dei sequestri all’antimafia sequestrata. Di pirandelliano c’è poco in questa vicenda, meglio nota come il ‘caso Saguto’, dal nome dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, indagata per vari reati tra cui corruzione e concussione per la gestione dell’ufficio che ha il compito di assegnare i beni sequestrati alla mafia ad amministratori prima della decisione sulla definitiva confisca o sulla restituzione. Un terremoto che ha sconquassato il Palazzo di giustizia di Palermo, il Csm e ha indotto il Guardasigilli ad accelerare la legge sulla gestione beni sequestrati e confiscati.

L’inchiesta aperta dalla Procura di Caltanissetta ha alzato il velo su un sistema di potere, che ha gettato una macchia indelebile su quel fronte che per anni era ritenuto un totem della legalità e che si è rivelato un reticolo di interessi e corruzione. In questa storia ci sono di mezzo giudici, cancellieri, avvocati, commercialisti, docenti universitari, ingegneri, architetti e persino l’ex Prefetto, Francesca Cannizzo, anche lei indagata. L’indagine è partita due anni fa e non è chiusa. Ma il pericolo di distrazione di ingenti patrimoni da parte di almeno sette dei venti indagati ha costretto gli inquirenti a disporre un sequestro d’urgenza di beni. In totale la guardia di finanza su disposizione dei pm nisseni ha sequestrato circa 900 mila euro. Due terzi di questa somma, pari a 600 mila euro, è stata bloccata solo a uno degli indagati, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il «re» delle amministrazioni giudiziarie. Per i pm avrebbe tentato di fare sparire beni e sottrarli alla giustizia, costituendo un trust familiare con «finalità elusive» e cercando di realizzare intestazioni fittizie di beni immobili. Mentre Saguto, non sapendo di essere intercettata, stava per vendere la casa «perché dobbiamo coprire i mutui».
Proprio sotto il suo regno, l’avvocato Cappellano Seminara ha moltiplicato il portafoglio di beni amministrati. E per gli inquirenti avrebbe ricambiato con denaro e favori, tra cui l’affidamento di incarichi al marito del giudice, Lorenzo Caramanna. Nel provvedimento di sequestro di oltre 1.200 pagine si parla di «rapporto di somministrazione corruttiva fra Saguto e Cappellano, per commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione, peculato, falso materiale, falso ideologico e truffa aggravata».

Indagati anche due colleghi di sezione di Saguto: Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte. Licata risponde di rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. Avrebbe saputo da un pm che l’inchiesta che riguardava la sezione era stata trasferita da Palermo a Caltanissetta e avrebbe informato della rivelazione la Saguto. Chiaramonte è invece indagato per abuso d’ufficio, avrebbe nominato un amico amministratore giudiziario. Sotto inchiesta per falso e truffa – ed è da lui che parte l’indagine – Walter Virga, giovane professionista che era stato incaricato di amministrare il patrimonio milionario del costruttore mafioso Rappa, e il padre Tommaso Virga, collega della Saguto ed ex componente del Csm. Indagato anche il docente universitario Luca Nivarra, professore di diritto civile all’università di Palermo e amico di Valter Virga da cui avrebbe avuto un incarico di consulenza in realtà mai svolto. Nel registro degli indagati anche il docente dell’Università di Enna Carmelo Provenzano, anche lui nel cerchio magico della Saguto, e l’amministratore giudiziario Nicola Santangelo. Provenzano per ingraziarsi la Saguto e farsi nominare avrebbe scritto la tesi al figlio del giudice, Emanuele, oltre a ferla regali. Indagata anche la moglie di Provenzano Maria Ingrao, e il collaboratore Calogero Manta. Per la vicenda della laurea del figlio della Saguto è indagato anche il professore Roberto Di Maria, preside della commissione di laurea, pure lui ha beneficiato di consulenze. Nei guai anche suo figlio e il cancelliere del tribunale di Palermo Elio Grimaldi.