Il repubblicano Glenn Youngkin è stato eletto governatore della Virginia, sconfiggendo l’ex governatore dem Terry McAuliffe.

McAuliffe ha condotto una campagna a detta di molti debole, in cui ha parlato costantemente di Trump per cercare di convincere gli elettori a votare contro Youngkin, e il brutto risultato di questa strategia è arrivato in una notte in cui anche la corsa per la rielezione del democratico Phil Murphy come governatore nel New Jersey, man mano che passavano le ore diventava sempre più incerta, a dispetto delle previsioni ottimistiche. La vittoria di Murphy sembrava sicura, i sondaggi lo davano vincente con margini dai 6 agli 11 punti, sottolineandone la storicità in quanto è dal 1977 che un democratico non viene rieletto governatore per due mandati.

QUANDO sono arrivati i dati Murphy sembrava confermare le previsioni ma è poi stato superato dallo sfidante repubblicano Jack Ciattarelli innescando un balletto di percentuali in cui il democratico è tornato in testa, con quasi il 98% dei distretti scrutinati, ma con un margine di 50-49. E anche se il suo partito esprime ottimismo sul fatto che Murphy, resterà governatore, mentre scriviamo il risultato è ancora definito too close to call, troppo vicino per essere certo.

Durante questa disastrosa notte elettorale per i democratici, è arrivata la conferma dell’elezione di Eric Adams che è ora il nuovo sindaco di New York. Dopo soli 20 minuti dalla chiusura dei seggi il risultato era già chiaro, e Adams ha confermato le previsioni che da mesi lo davano vincente contro il repubblicano Curtis Sliwa. Adams è il secondo sindaco afroamericano nella storia di New York City, e durante il discorso per celebrare la sua vittoria, ha chiesto l’unità tra i newyorkesi: «Siamo così divisi in questo momento, e ci manca la bellezza della nostra diversità. Dobbiamo porre fine a tutta questa divisione. Oggi ci togliamo la maglia delle spaccature e indossiamo una maglia sola: Team New York». La città ha anche eletto il primo procuratore distrettuale di Manhattan afroamericano, il democratico Alvin Bragg. La sua posizione è particolarmente importante in quanto gli darà la supervisione dei procedimenti giudiziari e delle indagini in corso su Trump. Avvocato per i diritti civili ed ex procuratore federale, Bragg ha sconfitto il repubblicano Thomas Kenniff per unirsi a un’ondata, crescente in tutto il Paese, di pubblici ministeri progressisti.

A BOSTON è stata eletto la prima sindaca donna, Michelle Wu, democratica liberal, che ha portato avanti una piattaforma progressista, inclusa la richiesta di un sistema di trasporto pubblico gratuito, aiuti per gli abitanti con un reddito basso e il ripristino del controllo degli affitti, battendo la rivale democratica moderata Annissa Essaibi, con l’applauso di Elizabeth Warren. «Michelle è famiglia – ha scritto Warren su Twitter – Dall’insegnamento alla facoltà di legge, al lavoro insieme per la mia prima corsa al Senato, al sostegno delle sue campagne, ho visto la sua energia positiva, il suo buon cuore e la sua capacità di apportare grandi cambiamenti per Boston».
A Pittsburgh, in Pennsylvania, ha vinto le elezione a sindaco l’afroamericano democratico Ed Gainey che ha battuto il repubblicano Tory Moreno mentre Francis Suarez, sindaco repubblicano, è stato riconfermato alla guida di Miami.

A DETROIT il sindaco democratico Mike Duggan – primo sindaco bianco in un decennio in una città dove quasi l’80% della popolazione è afroamericana – ha conquistato il terzo mandato. È certa anche la sconfitta della socialista India Walton che, al contrario delle previsioni, non sarà la nuova prima cittadina di Buffalo, dove è stato rieletto il democratico Byron Brown. A vincere le primarie democratiche era stata Walton, sconfiggendo proprio Brown, in carica dal 2006 che ha lanciato una campagna per il voto write-in, cioè la possibilità di scrivere il nome sulla scheda, e proprio questo metodo lo ha aiutato a vincere.
Ad Atlanta fra i 14 candidati in corsa come sindaco, sono prevalsi due nomi che si sfideranno al ballottaggio del 30 novembre: Felicia Moore, presidente della contea della città, e, molto probabilmente, il collega consigliere comunale Andre Dickens.

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Uno scontro fra manifestanti e polizia a Minneapolis. Foto Ap

 

A Minneapolis sconfitto il referendum per rimpiazzare la polizia

A 18 mesi dall’omicidio di George Floyd che ha scatenato in tutto il mondo manifestazioni per la giustizia razziale, gli elettori di Minneapolis hanno votato per non sostituire le loro forze di polizia con un nuovo dipartimento che avrebbe adottato un approccio diverso al crimine, in particolare nei casi che coinvolgono problemi di salute mentale. I dem, di solito alleati in una città in gran parte progressista, stavolta si sono divisi: in molti temevano che lo scioglimento del dipartimento di polizia avrebbe fornito una sponda al Gop prima delle elezioni di midterm. Ad essersi opposti alla misura sono stati il capo della polizia della città Medaria Arradondo; il sindaco Jacob Frey, in corsa per la rielezione, la senatrice moderata Klobuchar e il governatore Tim Walz. Alcuni dei progressisti più noti dello Stato, come la deputata Ilhan Omar e il procuratore generale Keith Ellison, che aveva supervisionato l’accusa di Chauvin, il poliziotto che ha ucciso Floyd, erano fra i sostenitori del cambiamento.

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Una farmacia statunitense. Foto Ap

 

Il Senato taglia i costi dei farmaci

Il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer ha annunciato che i dem hanno raggiunto un accordo storico per ridurre i costi dei farmaci, autorizzando Medicare a negoziare i prezzi di alcuni medicinali, inclusa l’insulina, finora a prezzi inavvicinabili e che scenderebbe a 35 dollari al mese. La mossa era inclusa nel disegno di legge di bilancio, da cui era stata tagliata per ridurne il costo e andare incontro al senatore moderato Munchin. Il piano darà al governo il potere di ridisegnare il prezzo dei farmaci in modo da limitare i costi vivi per gli anziani a $2.000 all’anno. L’annuncio è arrivato durante la notte elettorale disastrosa per i dem e come una svolta in una delle controversie più spinose del partito, e ha già ottenuto l’approvazione di Sinema, senatrice dem moderata che si era opposta alle precedenti proposte di negoziazione su Medicare.