Dici Andria e pensi a Crotone: 313 km più a sud, 26 anni fa. E un comune denominatore: un binario unico maledetto. Il 16 novembre del 1989 è una data che ormai in pochi ricordano. Sulla Jonica si lavorava all’installazione del «blocco conta assi», sistema di blocco ferroviario automatizzato, collegato al controllo del traffico centralizzato tramite dirigente centrale operativo. In quei mesi il sistema era in via di sviluppo, le stazioni continuavano ad essere presenziate da capistazione e dirigenti movimento, per garantire la gestione «classica» del traffico ferroviario, tramite dirigenza locale e «blocco elettrico manuale».

E proprio in un momento di ripristino del sistema di dirigenza locale, a causa di un temporaneo malfunzionamento, avvenne l’irreparabile. Il locale 8437 Cariati-Catanzaro Lido, composto da una doppia di automotrici diesel ALn668 e carico di studenti e lavoratori, in particolare insegnanti, partiva dalla stazione di Crotone con il segnale di partenza a via impedita, senza aver atteso il consenso del capostazione, che a sua volta avrebbe ricevuto informazioni dal collega di Isola Capo Rizzuto. A nulla gli sforzi per evitare il peggio. C’era chi provò ad inseguire a piedi il convoglio appena partito per aprire le condotte dell’aria compressa, provocando la frenatura del treno, mentre addirittura il capostazione di Crotone provò a precedere il locale 8437 in auto.

Tutto vano. Alle 13.20, lo schianto. Le due automotrici che correvano a circa 100 km/h erano sventrate dal pesante locomotore D445 in testa al locale 12706 Catanzaro Lido-Taranto che procedeva in senso opposto, e che avrebbero dovuto incrociare a Crotone, composto da alcune vetture 1959 e 1946 ed un paio di bagagliai e postali. I due macchinisti del locomotore morirono sul colpo, assieme al personale ferroviario presente sull’automotrice di testa dell’8437, che riuscì eroicamente ad avvisare dell’imminente scontro i viaggiatori più vicini alla cabina. Dodici i pendolari che persero la vita. Cinque lustri più tardi lo scenario è ancor peggiore lungo la Jonica.

La Reggio Calabria–Taranto è la terza linea più degradata d’Italia. I dati del rapporto Pendolaria di Legambiente sono negativi. Circolano convogli con carrozze vetuste, porte guaste, senza aria condizionata. Si verificano problemi ai finestrini, ai servizi igienici, ritardi. E la soppressione di 26 treni regionali (poi diventati 16) ha aggravato il tutto. In Calabria i pochi treni in circolazione hanno 21 anni di età. Da Reggio c’è un solo treno diretto al giorno, che ci mette 7 ore e 12 minuti a una velocità di 66 km/ora su una linea sostanzialmente vuota. Nel corso degli ultimi due anni la regione Calabria, a guida Pd, ha tagliato oltre 20 milioni al contratto di servizio con Trenitalia. E dopo il disastro di Andria i pendolari adesso hanno tremendamente paura. «Non si può stare mai del tutto tranquilli quando si viaggia su un binario unico. Ma, da oggi, lo confesso, la condizione che ci tocca vivere quotidianamente fa ancora più paura».

Claudio, dipendente pubblico che lavora a Crotone, non fa che pensare al dramma che si è consumato in quella porzione di campagna pugliese. Da dieci anni fa il pendolare tra Catanzaro, dove vive, e Crotone. Assieme a studenti e insegnanti. Sulla famigerata jonica, dove esiste solo la tratta a binario unico, non elettrificata, e a scartamento ordinario. Una doppia lingua di metallo da brividi. E poi stazioni fantasma, segno di un degrado senza fine, disseminate lungo il tragitto, poco meno di 60 chilometri. Una tratta inaugurata nel 1875 che adesso, con rassegnata speranza, si cerca di strappare a un destino da «ramo secco». Da recidere.
Sono lontani i tempi in cui, per attraversare la Calabria, esisteva solo la Reggio-Taranto. Trascorso quasi un secolo e mezzo, di quel passato, però, è rimasto solo il binario unico. «Con tutti i rischi – aggiunge Claudio – che ciò comporta. Con una sensazione di pericolo costante che diventa angoscia se si pensa alle condizioni di treni, obsoleti, freddi d’inverno e un forno in estate». I pendolari segnalano problemi anche nella scelta delle fermate. Tra il 2010 e il 2015 il taglio al servizio ferroviario è stato pari al 26% in Calabria. Un intero territorio completamente dimenticato dal trasporto ferroviario che costringe i cittadini ad un uso diffuso dell’auto privata con aggravio di costi, traffico, inquinamento. «È necessaria una regia nazionale che rivoluzioni il sistema di trasporto ferroviario locale, con uno stop ai tagli, e provvedendo alla sostituzione della flotta dei treni regionali in circolazione» dicono i dirigenti di Legambiente Calabria, Puglia e Basilicata.