A volte ritornano a casa. In una direzione o nell’altra, l’autostazione Varsavia Ovest, con la sua cartellonistica bilingue polacco-ucraino già da prima dell’invasione russa, è da anni un viavai continuo di immigrati. Durante le prime settimane della guerra, gli agenti della polizia di frontiera ucraina avevano fatto i conti con decine di migliaia di concittadini rientrati per combattere nel proprio Paese.

A pagarne le conseguenze allora il settore dell’edilizia in Polonia che si era ritrovato di colpo senza un lavoratore su tre. Ma con il successivo esodo dalle proporzioni incommensurabili verso il Paese lungo la Vistola, qui si era smesso, almeno per un po’, di guardare ai numeri di quelli che invece continuavano a tornare in patria. Intanto, per il secondo fine settimana consecutivo, il numero di attraversamenti giornalieri in direzione Ucraina ha superato quello del flusso in senso opposto. Non più uomini che rispondono alla chiamata alle armi ma anziani, donne e bambini.

«Non è il momento di trarre conclusioni visto che queste persone spesso non sanno se torneranno o meno in Polonia. Nessuno sa cosa li aspetta nel contesto della guerra», ha spiegato il numero due del ministero dell’Interno a Varsavia, Paweł Szefernaker, all’agenzia di stampa polacca Pap. Soltanto se si guarda alla settimana scorsa, ci sono state circa 136.000 partenze in Ucraina a fronte di 129.800 ingressi in Polonia, almeno stando ai dati raccolti dalla Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera polacca.

Difficile non imputare l’ultima ondata di rientri alla Pasqua ortodossa celebrata domenica scorsa. Ognuno avrà fatto le proprie valutazioni prima di rifare la valigia. In molti casi, sembra aver prevalso il peso della tradizione e la voglia di ritrovarsi con chi non ha voluto o potuto lasciare il proprio paese. Certo, ma questa motivazione da sola non può bastare. Sennò come spiegare il “saldo migratorio” negativo tra ingressi e uscite del week-end precedente? Spesso la decisione di ritornare sembra legata a fattori più disparati. Per alcuni la nostalgia di casa o le difficoltà a inserirsi in un paese – nel quale non è detto poi che si riesca a tornare – possono aver avuto un certo peso nella scelta rischiosa, e a tratti sorprendente, di fare ritorno. E poi, anche numeri alla mano, è difficile capire chi ha deciso di fare ritorno una volta per tutte.

«In questo momento la regione di Kiev non è oggetto di scontri di terra. Per molti è il momento buono per tornare a casa. Va anche sottolineato che molti ucraini continuano a vedere la Polonia come una soluzione temporanea», spiega Andrzej Kubisiak dell’Istituto Economico Polacco (Pie). Ma ci sono anche altri motivi: «Non andrebbe dimenticato che si tratta di un periodo chiave per chi possiede una terra. Diverse persone stanno rientrando per la semina primaverile. Non farlo adesso significa restare senza raccolto», aggiunge Kubisiak. Difficile comunque parlare di un controesodo di massa di fronte a cifre che non raggiungono i quattro zeri al giorno. Tuttavia, il saldo migratorio giornaliero in rosso dell’ultimo periodo sembra suggerire che la situazione lungo la frontiera tra Polonia e Ucraina vada attentamente monitorata.