Come un uragano. La protesta giovanile che ha tenuto la piazza di Mosca per tutta l’estate si è trasferita domenica nelle urne dove si eleggevano i consiglieri della Duma cittadina. Ventuno dei 45 seggi su base uninominale sono stati conquistati dall’opposizione spazzando via in molti quartieri della capitale Russia unita, il partito di Putin, e i suoi più stretti alleati.

Il successo è avvenuto anche grazie a una desistenza non scritta, ma rispettata scrupolosamente tra i comunisti, i socialdemocratici di Russia giusta e i liberali di Navalny, decisa solo pochi giorni prima del voto. E mancando, perché esclusi dalla commissione elettorale, molti dei leader tra i liberali, sono stati i comunisti a intercettare buona parte della protesta.

Gennady Zyuganov, il segretario del partito comunista, nelle ultime settimane ha compiuto un piccolo miracolo politico: ha candidato molti giovani e pur non partecipando alle manifestazioni delle scorse settimane si è detto solidale con le sue ragioni.

Alla fine porta a casa 13 consiglieri, quasi il triplo di cinque anni fa (erano cinque). Quattro per uno, invece, a Russia giusta e a Yabloko che fino a domenica erano fuori dal parlamentino russo. Russia unita, subodorando gli umori dei cittadini di Mosca, aveva celato i suoi uomini dietro le mentite spoglie delle «candidature indipendenti» ma è riuscita solo a limitare la frana passando da 39 consiglieri a 24.

Avrà ora solo una maggioranza risicata alla Mosduma e di fronte un’opposizione battagliera. Russia unita si lecca le ferite. «Reggiamo bene – dicono i sostenitori di Putin – malgrado l’aumento dell’età pensionabile e quello dell’imposta al consumo siano stati molto impopolari».

Lo “zar del Cremlino” per sostenere il suo partito l’altro ieri era piombato a Mosca da San Pietroburgo. Prima ha partecipato a un concerto mattutino con il sindaco Sergey Sobyanin e poi è andato a inaugurare un centro sportivo considerato dagli specialisti uno dei più belli del mondo, ma senza riuscire a cambiare, come poi si sarebbe visto in serata, un granché la tendenza in atto.

Grande soddisfazione a Orechovy Proyezd dove si trova la sede provinciale del partito comunista. Zjuganov tuona: «Si apre una nuova fase, nulla sarà più come prima ed è meglio che il potere lo intenda». Navalny nel suo quartiere generale è raggiante: «Nessuno l’avrebbe detto. Se non ci fossero state delle manomissioni del voto in alcuni quartieri, ora l’opposizione avrebbe la maggioranza», ha affermato il blogger populista.

Manomissioni che denuncia anche la candidata del Fronte di sinistra, Anastasia Udalzova, presentatasi come indipendente nelle liste comuniste: «Ce ne sarebbe da dire su quello che è successo, ma lasciamo perdere: malgrado fossi alla mia prima esperienza ho perso solo di 2mila voti».

Molti invece i casi di frode, manipolazione e acquisto dei voti nelle elezioni per scegliere il governatore della regione di San Pietroburgo. Il candidato di Russia unita, il discusso Alexander Belgov, alla fine si è imposto con il 64,5% dei suffragi (contro il 79,6% ottenuto dal suo predecessore nel 2014), ma lasciando dietro di sé una scia di proteste e di denunce.

Solo una settimana prima del voto il candidato del partito comunista Vladmir Bortko (dato nei sondaggi intorno al 20%) si era ritirato dalla corsa polemicamente affermando di non voler «partecipare a un gioco visibilmente truccato». Bortko faceva riferimento allo scandalo scoppiato qualche giorno prima in città dove emissari di Russia unita erano stati visti acquistare voti per mille rubli (circa 15 euro).

Secondo Kommersant anche domenica, con la scusa di fare sondaggi exit-poll, sostenitori di Russia unita hanno tentato di acquistare in strada voti a 1.500 rubli. Secondo quanto denunciato da molti osservatori, sono stati moltissimi i casi di voti multipli o di urne private dei sigilli e riempite di schede già compilate. Il movimento per la difesa degli elettori «Voce» ha denunciato a fine giornata 276 violazioni.

Nei seggi di provincia i casi più gravi: a fronte di una media totale di partecipazione pari solo al 23,3% (contro il 36,6% di cinque anni fa), si sono registrate affluenze oltre il 60%, così significative da sollevare più di un dubbio.