A fine anni ’80, scoprimmo in Italia un geniale regista dell’Europa nordorientale, che raccontandoci di un artista visivo georgiano dell’800, ci scopriva il dramma del suo paese, costretto a una dominazione che non desiderava, e che nonostante tutta la glasnost e la perestrojka di Gorbaciov non trovava una propria via d’uscita da quella situazione. Il nome dell’eroico pittore georgiano dava il titolo allo spettacolo, Pirosmani Pirosmani, ma per il pubblico di tutta Europa divenne Nekrosius Nekrosius, voce della nuova Lituania.

«Fine dei giochi», foto di Laura Vanseviciene

Nonostante la scarsissima disponibilità alla vita pubblica, quel regista, nome di battesimo Eimuntas, con il suo spettacolo ci scoprì un pezzo di mondo, quello delle tre repubbliche baltiche, di cui eravamo largamente ignoranti.
Oggi quel paese celebra con orgoglio il primo secolo di indipendenza e di repubblica, ma nonostante i discreti scambi commerciali con il nostro paese, la Lituania attende ancora di essere «scoperta» da noi. Anche perché lungo i secoli la sua identità fu annebbiata dalla «scomodità» della sua posizione: sempre contesa tra Russia zarista e potenza tedesca, finì anche annessa alla Polonia che di quel tira e molla era la vittima prima e cospicua. Con la Rivoluzione d’ottobre arrivò l’agognata indipendenza, però si trovò dopo poco tempo a dover fare i conti con il pugno di ferro invasivo di Stalin. Che si concluse solo, dopo la caduta dei Muri, meno di trent’anni fa.

Ora la Lituania fa parte dell’Unione europea e usa l’euro; la rappresentanza politica risente della ventata orientale che soffia da destra, ma i responsabili della cultura mostrano di voler guardare avanti. Capita così, camminando per le strade di Vilnius, di imbattersi in veri gioielli di epoca barocca e neoclassica ancora ben testimoniati, (magari firmati da artisti italiani, come a Pietroburgo quelli fatti costruire dalla grande Caterina lungo la prospettiva Nevskij), e in mezzo a questi significativi reperti medievali. In quelle stradine sono stati recuperati spazi culturali minuscoli, ma molto significativi, come Meno Fortas, la casa tutta foderata di legno dove ha sede e crea Eimuntas Nekrosius.

Ma appena fuori del perimetro del centro, l’ultima architettura porta il segno modernista di Alvar Aalto e dei suoi allievi di scuola scandinava, dentro i quali hanno sede musei e istituzioni, pubbliche e private, che sperimentano agguerrite i nuovi linguaggi di arti visive, danza e musica. Luoghi belli e fascinosi, dotati di spazi e mezzi di avanzata contemporaneità tecnologica. Molto visibili e riconoscibili, in un contesto dove dominano gli agglomerati popolari, definiti quasi con pudore «di epoca sovietica». Ma d’altra parte la zona più «degradata» della città, seppure immersa nel verde delle colline disseminate di laghetti e canali, compie un salto storico singolare.

Uzupis era un insieme di casette diroccate e abbandonate che una generazione creativa ha prima occupato, poi acquistato in svendita, e poi restaurato. Oggi è una ridente e frequentatissima «repubblica indipendente», dell’arte, della cultura e del buon bere. E ha pure una autonoma costituzione.
Di tutto questo laboratorio diffuso di pensiero e di linguaggi artistici, arriva ora a Roma una consistente testimonianza, in un grande festival intitolato Flux. Dal 4 al 15 maggio, tutte le arti troveranno ospitalità in luoghi importanti, dall’Auditorium al Maxxi al teatro Argentina.

Con il carisma delle due personalità più celebri e decisive di cinema e teatro: Jonas Mekas, più che novantenne padre del New American Cinema e della planetaria sperimentazione della seconda metà del 900, si collegherà in diretta da New York per dialogare col pubblico italiano; mentre Nekrosius presenterà la sua versione scenica di un famoso racconto di Kafka, Il digiunatore. L’altra celebrità teatrale lituana, Oskaras Korsunovas, elaborerà un versione contemporanea dei Bassifondi di Gorkij.

Ma sorprese sono attese anche dai nomi meno conosciuti del panorama artistico baltico. Una tra tutte, quella sorta di musical che tre giovani e spregiudicate artiste (una drammaturga una compositrice e una regista) hanno realizzato mandando in scena le dieci cassiere di un centro commerciale, tra iteratività del suono e ripescaggio del senso: Have a good day! A Santa Cecilia invece si potrà finalmente ascoltare (con Debussy e Mozart) una direttrice d’orchestra molto nota e contesa in tutto il mondo, Mirga Grazinyte-Tyla. All’India Trans Trans Trance di Kamile Gudmonaite.

Ma non mancheranno la danza di strada e le performance visive, mettendo in gioco la condizione femminile e la consapevolezza del femminismo, fino ai conti anche artistici con un passato che non senza traumi si cancella. Mancheranno forse invece le zeppeline, robusti dirigibili a base di patate ripiene di carne, a chiudere il ventaglio dei sapori non solo artistici della Lituania a Roma. Tutto il programma su lithuanianculture.it.