Al filosofo Massimo Cacciari, che più volte intervenne sulla crisi aperta nel Kosovo, abbiamo rivolto alcune domande a venti anni dalla guerra.

Ph©Elisabetta Baracchi e Serena Campanini

Il 24 marzo 1999, iniziò la guerra della Nato contro l’ex Jugoslavia, senza mandato Onu e con la rivendicazione dell’intervento «umanitario». La fase politica che stiamo vivendo sembra avere azzerato la memoria di quell’avvenimento che riportò la guerra, con ruolo belligerante dei Paesi europei, proprio nel fianco del Sud-Est europeo. Come mai?

La «deriva» era iniziata anche prima, con le guerre di Bush senior. Anzi, con la sciagurata idea della nuova destra americana che la caduta del Muro dovesse coincidere con l’Impero-senza-fine di Uno solo. Dopo il ’99 è stato un crescendo tragico che ha necessariamente favorito l’oblio dell’intervento «democratico» contro la Serbia. La «teoria» che intendeva giustificarlo è stata poi quella utilizzata per l’Afghanistan, per l’Iraq, per la guerra ai «dittatori» medio-orientali. Una «teoria» che ha creato l’attuale Disordine globale.

Tra le altre cose quella guerra fu una «guerra della sinistra» – era presidente del Consiglio Massimo D’Alema. E il conflitto venne assunto come «costituente», necessario per conquistare lo status di «grande paese» adatto alla governance dei tempi, dopo l’89 e la caduta del Muro di Berlino. Com’è possibile e che conseguenze ha il fatto che la guerra sia entrata, sia rivendicata e permanga nel dna della sinistra?

La posizione di D’Alema illustra un capitolo fondamentale della dèbâcle politico-culturale della sinistra europea nei confronti delle ideologie neo-liberiste sul processo di globalizzazione, dentro le quali vanno collocate anche le teorizzazioni sulla «guerra giusta» che, appunto, hanno prodotto il Disordine globale (o ne sono state causa primaria). Blair, esaltato per un ventennio dal centro-sinistra italiano, è stato l’indiscusso campione di questa subalternità culturale. Va detto, per onestà intellettuale, che a tale deriva non era possibile opporsi con semplicismi pacifistici, ma con azioni politiche che avrebbero dovuto comportare anche la possibilità di interventi militari. La sinistra europea ha oscillato – fino a schiantarsi in via forse definitiva – tra sudditanza al modello americano e impotente protesta. Va detto che nei fatti una «terza via» era estremamente difficile – forse si sarebbe potuta pensare soltanto con un’Unione politica europea in campo e strutturata su principi e strategie di cui neppure oggi possiamo vedere le tracce.

Da quella guerra in poi il diritto internazionale è diventato il diritto del più forte militarmente, come scrisse il compianto Danilo Zolo. Che rimane del diritto internazionale dopo quello e dopo tanti altri recenti conflitti?

Il diritto internazionale è diventato un fantasma – eppure è impensabile un’uscita dall’attuale Disordine senza uno ius gentium strutturato intorno a norme vincolanti. Questo rimane il grande problema del futuro. Un diritto internazionale che si risolva nell’affermazione di puri principi serve forse a testimoniare la propria «buona coscienza», ma non avrà alcuna effettualità. Esattamente come l’ anelito delle anime belle alla Repubblica universale. Sono gli Stati (o gli Imperi) che, se vogliono evitare la guerra, debbono vincolarsi a Norme capaci di regolare i loro rapporti. E tale Norme debbono fondarsi sulla «memoria» dei disastri commessi dalla caduta de Muro in poi (da qui deve partire la nostra periodizzazione, più che dal ’99). E occorre altresì ricordare che il diritto riguarda la persona, la tutela della sua integrità.

Il risultato diretto fu nel 2008 la proclamazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo,, in aperto dispregio degli accordi di pace firmati a Kumanovo che posero fine ai 78 giorni di raid aerei dell’Alleanza atlantica e alla Risoluzione Onu 1244. Una indipendenza – che divide Onu e Ue – e che sarebbe rimasta come una «mina» di odi nazionalistici, scrisse Claudio Magris che aveva denunciato la guerra Nato come «vergognosa». A cosa corrisponde la privazione del Kosovo per la Serbia alla quale viene posta da Bruxelles la condizione di riconoscerne l’indipendenza altrimenti non entrerà nell’Ue?

La situazione del Kosovo continua a essere un monstruum. Tra genocidio e sradicamento di popolazioni da sempre abitanti quei luoghi. Il centro di una civiltà trasformato per decreto del vincitore , una cosa del genere non si era vista neppure durante le grandi guerre tra gli Stati europei nell’età dell’assolutismo. Naturalmente, nessuna pace duratura è perseguibile con politiche di tal fatta. L’armistizio attuale, già precario, potrà durare fino a quando il territorio continuerà a essere presidiato. I grandi monasteri ortodossi aspettano con angoscia le prossime distruzioni di massa.