I luoghi della cultura francesi restano chiusi, si sapeva da capodanno quando il portavoce del governo Gabriel Attal ha dichiarato che non sarebbe stato possibile riaprire le istituzioni culturali il 7 gennaio, dato che il virus circolava ancora troppo nel Paese. Con la sua conferenza stampa il Presidente del consiglio Jean Castex ha però definitivamente infranto ogni speranza di una imminente riapertura, rimandando alla fine di gennaio la decisione sulla sorte di cinema, teatri, musei e sale da concerto.

UNA SITUAZIONE non dissimile dall’Italia, dove però la condizione della cultura resta avvolta dal silenzio, riemergendo solo nel miraggio delle «zone bianche» in cui potranno riaprire i luoghi dello spettacolo – ma certo non sarebbe possibile immaginare una distribuzione cinematografica che scelga di far uscire un nuovo film solo in una manciata di regioni. Né nel nostro Paese si è vista una mobilitazione – se si escludono i lavoratori dello spettacolo – come quella (pure se «perdente») del mondo della cultura francese che, al seguito della Federazione nazionale dei Cinema, si è rivolto al Consiglio di Stato per cercare di far ribaltare la decisione del governo di prorogare le chiusure, soprattutto in considerazione del fatto che sinora i luoghi della cultura sembrerebbero fra i più sicuri, dato che le misure di sicurezza vengono applicate – a differenza che in altri luoghi – con precisione millimetrica.

MA IN TUTTA EUROPA la situazione non è migliore: nel Regno Unito dove è entrato in vigore il nuovo lockdown è naturalmente saltato il sistema dei «tier» e tutte le sale, i teatri e i musei hanno serrato i battenti, e in Germania – dove la 71esima edizione della Berlinale è stata spostata online – il confinamento è stato esteso alla fine di gennaio. Una delle poche eccezioni è la Spagna dove, dopo la chiusura di primavera i cinema sono rimasti aperti e soggetti a nuove restrizioni solo su base regionale a seconda dell’andamento della pandemia.
Non a caso le contrazioni del box office sono simili in tutti i principali mercati europei: in Germania gli incassi del 2020 sono di quasi 285 milioni di euro (il 70,5% in meno del 2019), mentre in Inghilterra la situazione è peggiore – 323 milioni di sterline (circa 358 in euro) di incassi e una diminuzione del 78% rispetto all’anno precedente. La situazione italiana è stata illuminata dai dati Cinetel di fine anno: con 128 milioni di euro gli incassi sono del 71,3% in meno, che arriva al 93% se si registrano i dati dal primo giorno di lockdown, lo scorso 8 marzo. Nonostante le difficoltà, e l’indifferenza mostrata dal governo Macron verso il settore culturale, è stata come sempre la Francia a registrare il risultato migliore anche nell’anno della pandemia: con quasi 444 milioni di euro il box office è sceso «solo» del 69% rispetto al 2019 quando gli incassi erano stati di 1,4 miliardi di euro.

FUORI DALL’EUROPA alcuni mercati sono entrati sulla via della completa «guarigione» come quello cinese dove gli incassi sono tornati ai livelli pre pandemia, ma altri Paesi – dove pure le sale hanno riaperto completamente – prefigurano il futuro incerto che toccherà anche ai cinema europei: in Corea del Sud, dove tutti gli esercizi sono tornati operativi, le principali catene di multiplex del Paese hanno annunciato ingenti chiusure. CJ CGV «spegnerà» il 30% dei propri schermi nel corso dei prossimi 3 anni, Lotte Cinema ne taglierà il 20%, ed entrambe le catene aumenteranno i prezzi dei biglietti – perché l’industria «è sull’orlo del collasso».