Dalla Fini-Giovanardi alla Renzi-Lorenzin? Impossibile resistere alla tentazione di chiedere a un renziano di ferro come il deputato Federico Gelli, nuovo responsabile della Salute del Pd, se per caso col decreto legge voluto dalla ministra alfaniana – varato venerdì scorso in Consiglio dei ministri per aggiornare, stravolgendone l’assetto, dopo la sentenza della Corte costituzionale, le tabelle delle sostanze annesse alla legge sugli stupefacenti – non si stia per caso tentando di bissare l’escamotage già sanzionato dalla stessa Consulta. Gelli sorride ma non ha dubbi: «Su questa materia non si può scherzare né pensare di ritornare a una Fini-Giovanardi bis o a qualcosa di simile. La distinzione tra droghe leggere e pesanti e la distinzione tra l’uso personale e lo spaccio sono a nostro avviso cardini imprescindibili nonché fondamentali nella sentenza della Consulta. Il tema della responsabilità penale va affrontato in un contesto più ampio, ma di sicuro non si può tornare indietro».

Da più parti – operatori, giuristi e associazioni di settore – si sta sollevando una voce che fa appello al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, perché non firmi il decreto legge Lorenzin. Cosa ne pensa?

Credo che il tema droghe non può essere affrontato con decreti a stralcio ma nella sua complessità. Essendo un argomento molto delicato e ovviamente le posizioni molto differenziate, e non essendoci solo l’aspetto medico-legale o tecnico ma anche un problema di natura giuridica con importanti rilevanze penali, credo si debba trovare la via maestra dentro il governo e in Parlamento. Non è pensabile andare avanti a colpi di decreto, alla luce anche della sentenza che ha chiarito con forza quali sono gli elementi di illegittimità della Fini-Giovanardi. A breve si dovrà aprire un ampio dibattito nelle sedi opportune.

Di solito le tabelle delle sostanze illegali vengono aggiornate tramite un decreto ministeriale, non occorre un decreto legge. Il motivo sarebbe, secondo quanto spiegato dal ministero della Salute al manifesto, il lungo elenco di sostanze divenute illegali dal 2006 a oggi e di conseguenza la difficoltà a procedere come di norma. Ma anche la Fini-Giovanardi vide la luce grazie all’uso spregiudicato della decretazione d’urgenza e della legge di conversione. Ma Renzi non si è sempre detto contrario alla legge partorita dal governo Berlusconi?

Esattamente. Quando Matteo è intervenuto pubblicamente su questi argomenti ha detto con chiarezza che la legge va riscritta proprio partendo dalla differenziazione tra le droghe pesanti e leggere. Questo è un punto fondamentale.

Eppure prima e perfino durante il Cdm c’è stato un duro scontro tra i ministri, in particolare tra Lorenzin e il Guardasigilli Orlando. Crede che il tema delle droghe possa creare problemi all’intesa governativa?

Ma guardi, ho dato io l’allarme al Consiglio dei ministri sul potenziale rischio che si stava correndo e anche io avevo percepito. Fortunatamente il chiarimento tra i ministri coinvolti è avvenuto subito, ed è stato giustamente deciso di stralciare la parte amministrativa lasciando al dibattito della politica e del Parlamento le ulteriori decisioni da prendere per la parte penale. Mi sembra quindi che non ci sia questo rischio. Lo dico perché ho parlato con i ministri e credo che, malgrado le differenze di base, si possa trovare un buon punto di sintesi. Senza però tornare indietro, questa è almeno la posizione del Pd.

Non sarebbe invece urgente e necessario un decreto per risolvere il problema di chi ha subito o sta scontando una condanna in applicazione di una legge incostituzionale?

Ha perfettamente ragione. Personalmente ricorderò a Orlando, nei prossimi giorni, alla prima occasione, che dobbiamo sanare questo problema di migliaia di persone. È un tema importante e spero che il governo se ne faccia carico. Lo faremo presente in tute le sedi opportune.

Un’ultima domanda: lei è d’accordo con la legalizzazione delle droghe leggere?

Non abbiamo affrontato il tema ed è inutile che io le dica la mia posizione personale. È un argomento che dobbiamo tornare a discutere in modo non ideologico, senza alzare muri e tenendo conto della sensibilità di tutti.