Alla fine di una giornata di bombardamento politico tocca a Matteo Renzi, da Piazzapulita (La7) stendere uno scudoprotettivo sopra la sottosegretaria Maria Elena Boschi: «Possibile che in questo Paese si debba guardare sempre da buco della serratura? Il ministro dei Rapporti con il Parlamento incontra il presidente della Consob, questo le pare un problema? A me no». E ancora: «Sono sconvolto dal fatto che questo tema sia una gigantesca arma di distrazione di massa. In Italia in questo settore ci sono state ruberie, furti. Ci sono stati scandali clamorosi in molte banche popolari. Il sistema bancario non ha funzionato. Su Banca Etruria chi ha sbagliato deve pagare».

Una difesa senza incrinazioni, senza subordinate della sottosegretaria che più di tutti lo ha rappresentato nel governo Gentiloni. Nel giorno che doveva essere quello della vittoria per l’approvazione del biotestamento, trasformatosi improvvisamente in quello dei colpi alzo zero, dopo la rivelazione dei colloqui fra la sua ex ministra e Giuseppe Vegas, capo di Consob, dinanzi alla commissione banche.
Anche per la sottosegretaria è il pomeriggio più lungo della sua breve ma già accidentata carriera. E dire che ne ha visti ne di molto brutti, dalla clamorosa sconfitta della riforma costituzionale di cui era stata madrina che ha costretto lo stesso Renzi alle dimissioni da Palazzo Chigi.

Inizia le danze il pentastellato Carlo Sibilia: «È ufficiale: Maria Elena Boschi si è occupata di Banca Etruria. Più di una volta», «Contrariamente a quanto detto al parlamento il 18 dicembre 2015. Ha mentito al parlamento condizionando il voto sulla sua sfiducia». Il candidato premier Di Maio rincara: chiede le dimissioni della sottosegretaria e la sua non ricandidatura. Impenna i decibel, la definisce «la Mario Chiesa della seconda Repubblica» (il riferimento è al ’mariuolo’ presidente del Pio Albergo Trivulzio che nel 1992 diede il là a Tangentopoli e da lì alla fine della Prima Repubblica.

Se il forzista Renato Brunetta è un po’ più cauto e parla di «improntitudine e mancanza di trasparenza», l’alleato leghista si sente invitato a nozze. «La Boschi abbia un briciolo di dignità e si dimetta da ogni incarico e non si ricandidi alle prossime elezioni», attacca Roberto Calderoli. Stessa richiesta da parte degli ex compagni di Mdp: «Quando un membro del governo mente al Parlamento non c’è altra strada che le dimissioni», dice Roberto Speranza. Gli fa eco il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.

Il governo ufficialmente non parla. Gentiloni è ormai impegnato solo a restare in sella senza inciampi fino allo scioglimento delle camere. E così da Bruxelles in una pausa dei lavori lascia filtrare che l’ex ministra «ha chiarito». Caso chiuso?

Difficile. Dal Pd a difendere la sottosegretaria ormai non mette più la faccia quasi nessuno. In questi mesi i malumori al suo indirizzo sono stati molti, tutti rigorosamente off the record. Stavolta si sbracciano solo gli ultimi giapponesi del renzismo in picchiata. Come il tesoriere Francesco Bonifazi: «Sarei grato a Sibilla e Speranza se dicessero pubblicamente in quale punto dello stenografico del discorso della Boschi ha mentito al parlamento». O il presidente Matteo Orfini: «Di Battista, Calderoli e Speranza (bel terzetto) chiedono le dimissioni di Boschi per aver mentito in parlamento. Vediamo se qualcuno ha voglia di fare il fact checking e scoprire se la bugia è della Boschi o del terzetto».

Stride con i toni dello scontro il silenzio glaciale sull’allusione della sottosegretaria a un invito non precisamente professionale da parte di Vegas: «Io ho tutti i messaggini. Mi chiese addirittura di incontrarci, in modo abbastanza inusuale, a casa sua alle 8 di mattina io e lui». «E io risposi che dovevamo vederci o al ministero o a Consob, non a casa sua, in quel momento, da soli».