Sono sempre più i greci che rispondono all’emergenza immigrazione nello stesso modo in cui hanno affrontato la crisi degli ultimi cinque anni. Con la solidarietà e la mobilitazione collettiva, da Atene sino alle isole dell’Egeo. I flussi migratori non accennano a diminuire, le partenze dalle coste della Turchia e gli approdi nelle isole di Kos, Lesbo, Chios, sono ormai senza sosta. I dati diffusi ieri da Frontex e dalla Commissione Europea mostrano che nel solo mese di luglio sono arrivati in Grecia più di 50 mila migranti. Cifre più alte di quelle che riguardano l’Italia, in un paese pesantemente provato dalla crisi economica e dai tagli senza fine imposti dalle istituzioni creditrici.

Ne ha parlato a lungo Alexis Tsipras, al termine di una riunione a cui hanno partecipato i suoi più stretti collaboratori. «L’Unione europea è messa alla prova dalla questione immigrazione. La Grecia, con forti sacrifici e restando fedele ai principi umanitari, sta offrendo tutto quello che può ai profughi», ha dichiarato il primo ministro greco.

Tsipras ha stigmatizzato la posizione di «alcuni paesi membri che sono stati ammessi recentemente nell’Unione europea, che non intendono adottare il principio della solidarietà, sul quale è stata costruita l’intera struttura dell’Unione». È chiaro che Atene vede uno strettissimo legame tra le posizioni di molti paesi – considerati vicini o “satelliti” della Germania – sul come deve essere gestita la crisi greca e la mancanza di un’adeguata mobilitazione per far fronte all’emergenza immigrazione.

Ed è per questo che il governo di Syriza cercherà di porre in modo più deciso la questione, sia in Europa che alle Nazioni Unite, chiederà all’Unione di firmare degli accordi direttamente con la Turchia (da dove parte la stragrande maggioranza delle carrette del mare che approda in Grecia) e allo stesso tempo intensificherà la collaborazione con i vari comuni ellenici per individuare nuovi luoghi di accoglienza. I problemi certo, non mancano, e non potrebbe essere altrimenti, in un paese che in sei anni ha perso un quarto della sua ricchezza nazionale. A Kos i migranti sono stati assistiti per due mesi da una associazione di volontariato, con l’aiuto degli albergatori locali. Più di mille pasti al giorno, grazie alla sensibilizzazione dei cittadini. Tuttavia, dopo due mesi, i volontari non sono più in grado di sostenere il costo dell’assistenza e i cittadini stranieri, ospitati in un albergo abbandonato, sono rimasti senza cibo.

Ad Atene centinaia di profughi hanno trovato momentanea sistemazione nel giardino di Campo di Marte, a poche centinaia di metri dal Politecnico. Dormono in tende di plastica reperite anche qui, grazie alla mobilitazione dell’«Iniziativa di Solidarietà per i Profughi di Campo di Marte-Pedìon tou Areos». Hanno montato una tenda dove medici volontari visitano i migranti, mentre i cittadini portano farmaci generici per poter affrontare i problemi più facilmente risolvibili. «Per nove giorni, c’erano solo due bagni per cinquecento persone. In due settimane abbiamo distribuito più di cinquemiladuecento pasti, mentre ogni giorno offriamo anche trecento litri di thè» hanno voluto sottolineare i responsabili, in una conferenza stampa organizzata all’aperto, in un angolo di Pedìon tou Areos.

Chiedono all’Europa «di smettere di spendere milioni di euro solo per la missione Frontex, in chiave difensiva, facendo finta di non sapere che i profughi, e anche i migranti per motivi economici, sono sempre più spesso costretti ad abbandonare i loro paesi a causa di politiche ed atrocità avallate dall’occidente». Tra pochi giorni, dal centro di Atene, i profughi verranno trasferiti nella zona periferica di Eleònas ,dove si sta preparando un campo con container, energia elettrica e acqua potabile. Ma questa, ovviamente, non può essere considerata la soluzione definitiva. Si deve fare di tutto per tenere insieme l’accoglienza e la solidarietà dei cittadini, i diritti dei migranti e le iniziative volte a chiedere una maggior mobilitazione dell’Europa. Cercando, prima di tutto, di evitare nuovi episodi di razzismo, come quelli si cui si è resa responsabile Alba Dorata, sino a due anni fa. Sino a quando, cioè, è iniziato il procedimento penale a carico della stragrande maggioranza dei suoi dirigenti, con l’accusa, tra le altre, di associazione per delinquere. A causa del processo, per ora, i raid xenofobi e omofobi, si sono momentaneamente interrotti. Ma è chiaro che, come ha sottolineato lo stesso Tsipras, sono prima di tutto le cause a dover essere combattute. In un paese che lotta per la propria dignità, la ricerca di soluzioni realmente umane anche per l’immigrazione, costituisce una sfida che appare naturale e obbligata.