È stato inaugurato sabato scorso a Crispiano, in provincia di Taranto, un impianto industriale per la trasformazione della paglia di canapa realizzato dall’azienda South Hemp Tecno. E’ il secondo impianto di prima trasformazione della canapa in Italia, il più grande dopo quello di Carmagnola (Torino). Per quest’anno arriveranno nell’impianto di Taranto le produzioni di tutto il sud Italia (250 ettari seminati tra Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Calabria e soprattutto Puglia). Il prossimo anno invece, è previsto il raddoppio dei volumi di raccolta e produzione: saranno infatti lavorati 500/600 ettari, con la trasformazione di 4.800 tonnellate all’anno. La paglia di canapa processata qui servirà poi a creare derivati utili soprattutto per la bioedilizia.
La coltivazione della canapa (cannabis sativa) in Puglia è una realtà che la Regione ha accompagnato e sostenuto negli anni.
Mancava soltanto il tassello importante della trasformazione del prodotto: ovvero l’anello della filiera che consente di commercializzare e fare profitto su questo segmento agricolo da sempre demonizzato ed oggi riscoperto nelle sue potenzialità agricole, alimentari, di ambientalizzazione e per uso chimico e industriale. «Questo impianto è la migliore risposta al disfattismo di chi pensa che non si possa partire dall’agricoltura per invertire la rotta di un territorio dalle grandi criticità ambientali, occupazionali e sanitarie» ha commentato il governatore della Puglia Nichi Vendola.

Nelle intenzioni della Regione vi è ora l’intenzione di attivare misure e azioni di sostegno nell’ambito del prossimo Programma di Sviluppo Rurale, che come indicato anche da Bruxelles, deve guardare all’innovazione, all’aggregazione e ad una agricoltura eco-sostenibile.
Ma la canapa in Puglia, e specialmente nel territorio di Taranto, è anche uno strumento di riscatto e, si spera, una seconda possibilità per chi ha perso tutto a causa dell’inquinamento prodotto dall’Ilva.
E’ il caso della masseria Carmine della famiglia Fornaro, che nel dicembre del 2008 vide andare al macello 600 capi di bestiame perché nelle loro carni furono rinvenute altissime concentrazioni di diossine, furani e pcb: la perizia chimica redatta da alcuni esperti per conto della procura di Taranto nell’ambito dell’incidente probatorio nell’inchiesta sul siderurgico accusato di disastro ambientale, dimostrò che gli agenti inquinanti provenivano dagli impianti dell’Ilva.
Lo scorso aprile, su quegli stessi terreni dove una volta brucavano pecore e capre, vi è stata la prima semina della canapa su tre ettari di terreno. Il primo raccolto è previsto proprio in queste settimane.