Dai monti della Calvana soffia vento di destra. E’ Prato la città su cui la trimurti Lega-Fi-Fdi ha puntato (quasi) tutte le sue fiches, per aggiungere un altro capoluogo provinciale a una collana toscana già impreziosita da numerose perle. Al tempo stesso il Pd, che con il sindaco uscente Matteo Biffoni cinque anni fa era riuscito a compattare il centrosinistra, non può permettersi di perdere la seconda città della regione e la terza del centro Italia, forte di quasi 200mila residenti ufficiali (più almeno una decina di migliaia di “wu ming” cinesi), e con una storia industriale di gran rilievo, non solo italiano ma continentale.
Al ricandidato dem Biffoni, che per gioventù ed empatia personale resta popolare in città, la destra oppone un candidato più moderato di quanto si potesse ipotizzare, visto che a sceglierlo è stata la Lega. E’ Daniele Spada, funzionario di Confcommercio con moglie ex Ds, scelto al termine del vertice nazionale Lega-Fi-Fdi che ha dato il via libera alla candidatura di Ubaldo Bocci a Firenze. Non un “muscolare”, piuttosto un buon conoscitore della città, tanto da guardarsi bene dall’attaccare a muso duro la fortissima comunità cinese, fattore ormai ineludibile dell’economia cittadina.
Saranno Biffoni e Spada ad andare al sicuro ballottaggio, su cui pesa fin d’ora l’incognita del voto pentastellato, che in prima battuta non andrà oltre il 15, 20%. Sul punto, in città non è un mistero che il M5S, da sempre alle prese con polemiche e divisioni interne, abbia un elettorato più di occhieggiante a destra. Se a questo dato si aggiunge la prevalenza di liste civiche orientate a destra rispetto a quelle – Comunisti Pratesi e Prato in Comune – che potrebbero sostenere, in un modo o nell’altro, Biffoni al ballottaggio, il favorito diventa Spada.
Per Prato un sindaco di destra non sarebbe una novità. Nel 2009 si impose infatti Roberto Cenni, che però su Spada non è stato tenero: “Sono un po’ deluso. Mi aspettavo più visione e una campagna più incisiva”. Una campagna che tutti i candidati hanno affrontato in maniera molto, anche troppo “provinciale” rispetto alla storia e al blasone della città. Si va dall’immancabile “sicurezza” – mentre il Viminale segnala reati in calo, e all’opposto l’Osservatorio regionale sulle mafie denuncia la penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico – alle discussioni, annose, sulla viabilità cittadina, sul destino del vecchio ospedale dismesso, sulla movida in centro.
Anche sul tema cardine del lavoro il dibattito ha scontato una generale mancanza di idee “forti” sulla Prato di domani, che resta una città concreta e dinamica ma che ha subito anch’essa la crisi, e che non può evitare di ripensarsi guardando al futuro. Solo Comunisti Pratesi e Prato in Comune hanno acceso i riflettori e candidato figure legate al macrocosmo del tessile, quell’ex aristocrazia operaia che ha dovuto fare i conti con l’impetuosa, disordinata e spesso patologica crescita del tessile con gli occhi a mandorla. “Gran parte della nostra economia si fonda su di loro – osservano sul punto – ma devono rispettare le regole”. Mentre la foto che scattano al Pd è impietosa ma nitida: “Ha sposato una visione liberista della società che non corrisponde a una sinistra attenta a un’idea di equità e giustizia sociale”. Della partita non faranno parte quelli di Fn (mancanza di firme…), che pure con le loro sfilate a braccio teso hanno ricompattato, nel segno dell’antifascismo, il tessuto civile cittadino. Anche su questo punta Matteo Biffoni, per sovvertire il pronostico che lo dà sfavorito.