Sembra un paradosso, ma in questi giorni a essere colpito al cuore è proprio uno degli stereotipi per eccellenza del Belpaese: la terra del sole e del mare che annaspa nello smog. Tra Natale e Capodanno, va in frantumi una delle poche immagini dell’Italia ancora spendibili all’estero. Colpa del cambiamento climatico globale, ma pure di un modello di mobilità urbana fondato sull’automobile, delle emissioni nocive di fabbriche e centrali a carbone, dell’abuso di riscaldamento e condizionatori.

Cosa si può fare per provare a rimediare? Con l’aiuto di Legambiente, mettiamo in fila qualche esempio virtuoso, da nord a sud. A Bolzano, ad esempio, meno di un terzo degli abitanti usa l’auto, grazie a un piano della mobilità che prevede una diffusione capillare delle piste ciclabili (un terzo della popolazione si sposta in bici, con parcheggi e servizio di noleggio), parcheggi per le due ruote. Il resto viaggia con i mezzi pubblici. Non solo. In Alto Adige è obbligatoria la certificazione energetica sia per le nuove case che per le ristrutturazioni, in modo da ridurre i consumi per il riscaldamento.

Se Bolzano è diventata la capitale italiana della bicicletta, è senso comune che Reggio Emilia sia la città degli asili per antonomasia. Per accompagnare i bimbi, il comune ha messo in piedi un servizio pubblico di trasporto a zero emissioni, con pedibus e bicibus. Torino è invece considerata un modello per quanto riguarda la mobilità alternativa: dal Pony Zero Emissioni, con una società che consegna le merci in bicicletta alla creazione di una “zona 30” a Mirafiori, dove il limite di velocità è di 30 km/h (un sistema adottato anche a Cagliari). Pure a Milano la nascita di una zona C a traffico limitato (a pagamento per la maggior parte delle auto, vietata per quelle inquinanti e gratuita per quelle ecologiche) ha abbattuto il traffico del 28,6 per cento nel primo semestre del 2015. A contribuire al miglioramento della mobilità sono stati anche il rafforzamento del servizio pubblico (finanziato con i proventi della tariffa per le automobili, cinque euro a ingresso) e la diffusione del car sharing, un sistema che ha ormai preso piede in numerose città.

Ricorda ancora Legambiente che al park&ride di Bari lasci l’auto in un posto di scambio e vai in centro in bus, mentre la contestata (agli inizi) linea del tram Firenze-Scandicci in quattro anni ha registrato oltre 13 milioni di viaggiatori all’anno.

Una delle esperienze più interessanti è quella di Pesaro. Nella città marchigiana si sono inventati una bicipolitana: quando saranno ultimati i 70 chilometri, essi collegheranno con diverse linee ciclabili e ciclopedonali le zone periferiche con il centro. A Ferrara hanno progettato invece un “bosco sociale” per coinvolgere i cittadini nella costruzione e nella gestione di un polmone verde.
Il problema è che si tratta di misure, piccole quanto lodevoli, che finora non sono uscite dall’ambito locale, visto che in Italia manca un piano nazionale per la mobilità alternativa, l’efficienza energetica e il verde pubblico. Il panorama è quello di un’Italia a più velocità, dove a ogni iniziativa “green” si può contrapporre un analogo esempio di devastazione ambientale. Se la creazione dell’hub della logistica a Parma ha consentito di spostare il traffico delle merci dalla gomma alla rotaia, dal porto di Gioia Tauro quest’ultime finiscono ancora sui tir perché la ferrovia non è mai stata collegata allo scalo, con il risultato che le autostrade continuano a essere intasate di camion. A ogni tentativo di efficienza energetica si contrappongono le molto più inquinanti emissioni delle centrali a carbone ancora attive. E se a Pesaro si viaggia in bicipolitana, a Roma neppure il prefetto Tronca è riuscito a bloccare il traffico per un giorno intero. Viceversa, dalla capitale il giorno di Natale è arrivato il segnale più brutto: la metropolitana ha chiuso alle 13, e pazienza per le polveri sottili.

Il segretario dei Radicali Riccardo Magi chiede a governo «misure strutturali»: innanzitutto, l’abolizione di tutte le esenzioni fiscali sui prodotti energetici fossili, che il Tesoro stima in 5 miliardi l’anno, e poi l’introduzione di una carbon tax. «Solo così si libererebbero risorse preziose da investire in ricerca, efficienza energetica e riqualificazione ambientale, rispettando gli impegni e restituendo un po’ di respiro alle nostre città», spiega.

Che fare nell’immediato, dunque? Nel decalogo formulato dagli esperti per ridurre i danni dell’inquinamento alla salute, spicca la richiesta ai cittadini di non fare jogging o uscire in bicicletta per non inspirare troppe sostanze nocive. Il messaggio implicito pare essere il seguente: se proprio dovete andare da qualche parte, il mezzo più sicuro rimane l’automobile. Aspettando che arrivi finalmente il generale inverno (atteso a giorni) a rinviare l’emergenza alla prossima stagione.