Il ritorno alla guerra “fredda”, che diventa sempre più calda (Taiwan scontro Cina –Usa, Ucraina scontro Usa-Russia, ecc.), e una corsa agli armamenti che non si vedeva dal secolo scorso, ci mandano forti segnali di un cambiamento profondo nella geopolitica del pianeta. Dopo la caduta del muro di Berlino nell’89, l’idea che il mondo fosse ormai dominato dal mercato mondiale, dal super potere della finanza, aveva portato a vedere la globalizzazione capitalistica come la ruspa che abbatteva ogni sovranità nazionale o barriera culturale. Addirittura secondo il noto politologo Francis Fukuyama la storia dell’umanità era finita, l’evoluzione sociale, economica e politica avrebbe raggiunto il suo apice alla fine del XX secolo.

Toni Negri nel suo famoso saggio Impero: il nuovo ordine della globalizzazione disegnava una nuova categoria di Impero, senza centro del potere, né confini, dove non esistevano più guerre imperialiste, ma solo operazioni di polizia all’interno dell’ordine imperiale. Immagini suggestive che vent’anni dopo si rivelano prive di fondamento. Il mondo sta andando chiaramente in un’altra direzione dove le sovranità nazionali contano e, soprattutto, emerge un ritorno sul palcoscenico della storia di alcuni antichi Imperi.

Alcuni sono scomparsi, probabilmente per sempre, anche se nella storia umana non si può mai dire mai. Il sogno mussoliniano di far rinascere l’impero romano è naufragato prima ancora di nascere, così come nessuno si sognerebbe oggi di pensare che possa risorgere l’impero egiziano o quello assiro-babilonese. Così come è scomparso nella storia moderna l’impero del Mali che aveva sostituito un altro impero dell’Africa Occidentale, quello del Ghana, durato fino all’XI secolo. Nel secolo scorso quello che, per estensione, è stato il più grande impero del mondo si è sciolto come la neve dopo una giornata di scirocco, e la Gran Bretagna è diventata una piccola potenza regionale che con la Brexit rischia di far saltare anche l’unità nazionale (probabile uscita della Scozia).

Viceversa, il cosiddetto “impero sovietico” che era andato in frantumi trent’anni fa, sotto la leadership di Putin si sta ricostruendo in altra forma, ma sempre sotto l’egemonia di Mosca. Così l’Impero Ottomano che appartiene ai nostri ricordi scolastici, frantumatosi esattamente un secolo fa, oggi fa registrare un tentativo di rinascita sotto la guida del Sultano Erdogan. Dalla Siria alla Libia, passando per i Balcani, per citare i casi più clamorosi, la strategia egemonica del governo turco è evidente e non crediamo che si fermerà qui.

Infine, gli Usa, in crisi, e per questo pericolosi, sostenuti sulla forza militare e finanziaria. Ma quest’ultima è una “tigre di carta” per riprendere un antico slogan maoista, può crollare sotto la spinta dell’Impero Celeste, non a caso deciso a far perdere al dollaro la funzione di moneta di riserva internazionale.
L’impero Celeste è ritornato sulla scena mondiale e, come nel passato, nel suo lungo periodo di splendore dal III secolo a.C. fino all’età moderna, persegue l’egemonia con la “via della seta”, che torna a implementare.

Questo scontro tra Imperi nascenti e/o consolidati sta portando per alcuni aspetti alla deglobalizzazione dei mercati: sanzioni economiche utilizzate, per ragioni politiche, dagli Usa e dai suoi alleati compromettono il commercio internazionale, muri contro i migranti impediscono la formazione continua di un esercito di riserva di proletari funzionale all’accumulazione capitalistica, fino al blocco di investimenti stranieri in nome della sicurezza nazionale. Tutto questo e altro va in controtendenza rispetto alla globalizzazione capitalistica. La pandemia, con la riduzione drastica di mobilità delle persone, ha solo accelerato questo processo.

Il governo nord-americano che punta i missili ai confini della Russia, nel vano tentativo di compattare l’Occidente (e anche promuovere la corsa agli acquisti di armamenti made in Usa), non fa che aumentare i conflitti.
In questo nuovo scenario internazionale che ruolo potranno avere l’Italia e la Ue?
Il futuro dell’Ue è legato al ruolo che riuscirà a giocare sullo scacchiere geopolitico. Innanzitutto, dovrebbe sganciarsi dalla subalternità verso gli Usa, per non essere trascinata nel loro inevitabile declino (o crollo) o in guerre locali sempre più folli. Sul piano economico potrà puntare a prodotti di qualità ed ecologicamente sostenibili, qualificandosi come una avanguardia nella tutela ambientale e facendo valere nei confronti dell’importazione da paesi terzi, la clausola ambientale e sociale.

Sul piano militare la Ue non ha alcuna possibilità di competere con le grandi potenze per cui dovrebbe ridurre fortemente la spesa militare e investire in politiche di cooperazione e di pace con gli altri popoli, a partire dal Sud del mondo. Infine, dovrà essere riportato l’asse strategico verso il Mediterraneo, un’area sempre più fragile e potenzialmente esplosiva. Non dimentichiamo che la Ue nasce in Sicilia con la Carta di Messina il 4-5 giugno 1955, voluta dall’allora ministro degli Esteri, il Rettore Gaetano Martino, che pose le basi del Trattato di Roma del 1957. Da allora il baricentro dell’Europa si è allontanato, su tutti i piani, dal Mediterraneo e l’Italia è diventata sempre più marginale nell’ambito della strategia politica ed economica della Ue. Solo una Unione europea capace di diventare punto di riferimento per la pace e la prosperità dei popoli del Mediterraneo, di intessere strette relazioni sul piano economico, culturale e scientifico, potrà ridarle un ruolo nella nuova geopolitica mondiale, e anche l’Italia e il Mezzogiorno potranno dare un futuro sostenibile alle nuove generazioni.