Gli attentati alle Torri Gemelle del 2001 hanno cambiato la storia del mondo. Mentre la maggior parte dei commentatori pensa alle politiche di sicurezza e di sorveglianza, col loro plumbeo seguito di guerre, attentati, repressione e rampante militarismo, gli storici del futuro probabilmente tributeranno un egual peso alle conseguenze economiche. Tanto per gli Usa quanto per il resto del mondo.

Ma vent’anni comincia ad essere un tempo congruo per un bilancio.

La “Guerra al Terrorismo” di Bush si è concretizzata in due guerre (Afghanistan 2001 e Iraq 2003), nella costruzione di un possente apparato di sorveglianza e di una serie di operazioni di combattimento, spionaggio e repressione all’estero. È noto che tutto ciò ha comportato ingenti costi per gli Usa, ma occorre tenere presente alcuni fattori.

Il primo è che l’intensità dell’apporto a aziende, contractors e attori privati ha raggiunto un livello inimmaginabile: sono state appaltate non solo funzioni di logistica, pulizia, vettovagliamento e simili, ma anche di combattimento vero e proprio e persino interrogatori e traduzione di informazioni sensibili. L’impatto è stato catastrofico sul piano della effettiva efficacia – come ammettono molti militari – ed ha generato una ridda di abusi e violazioni, ma al di là di questo ha moltiplicato i costi.

Il secondo è che gli apparati di sicurezza e sorveglianza sono cresciuti finendo per somigliare ad una sorta di mostruoso labirinto degno della fantasia di Borges o – meno ottimisticamente – di Kafka, al punto tale che nessuno possiede davvero una visione d’insieme di essi: parliamo di 1271 organizzazioni governative e 1931 aziende private, con ridondanti reduplicazioni, protocolli segreti ed opacità informativa che ne rendono difficile stimare il costo reale.

Il nuovo apparato militare-industriale è proliferato nell’ombra, costruendo nuovi edifici, addirittura appaltando a privati la ricerca di nuovo personale, e creando ogni anno nuove organizzazioni.

Secondo il Watson Institute for International and Public Affairs il costo della Guerra al Terrorismo è stimabile come 8 trilioni di dollari, una cifra enorme.

Ma quali sono stati gli effetti? Il keynesismo militare statunitense costituisce una forma di incremento della domanda, ma soprattutto a favore delle grandi aziende; una forma di redistribuzione verso l’alto che comporta, di converso, tagli alla spesa sociale. Ma il quadro nel suo compresso ci fa capire meglio le ricadute sugli altri paesi: in un contesto di salari stagnanti o declinanti, e di crisi (nel marzo 2001 gli USA entrarono in recessione) l’unica risorsa significativa per alimentare la domanda e tenere su il ciclo economico era spingere l’indebitamento privato.

L’allora governatore della Fed, Greenspan, abbassò i tassi di interesse. Le banche private, ricevendo denaro con poco interesse, poterono confezionare prodotti finanziari più appetibili. In breve tempo, fra il 2001-2006 gli Usa uscirono dalla recessione ma alimentarono una “economia delle bolle” (finanziarie) che alla fine avrebbe innescato la Grande Crisi del 2007-08.

Va considerato che al contrario che in altri conflitti Bush non alzò le tasse per sostenere lo sforzo bellico, ma le tagliò – ovviamente ai più ricchi, incrementando la diseguaglianza: fra il 2001-2003 diminuisce il reddito familiare reale, vittima di una riduzione delle indennità salariali. Ma non si rinuncia al consumo, anzi l’indebitamento delle famiglie segue un ritmo forsennato.

La divaricazione fra salari reali e redistribuzione verso l’alto è una delle caratteristiche strutturali del sistema che abbandonando il keynesismo dei Trenta Gloriosi, ponendosi su un terreno sempre più scivoloso. Bastava una spintarella per fare crollare il castello di bolle. Senza peraltro che il terrorismo sia stato veramente contrastato, anzi il decennio successivo ci avrebbe regalato l’Isis e ulteriori aree di destabilizzazione. Un capolavoro.