Un uccello dalla spettinata corona di piume sulla testa sovrasta, come una macchia nera nel cielo, un incuriosito bambino. Sadiq, questo il nome del fanciullo abbigliato alla maniera araba, si è perso nel deserto mentre andava alla ricerca del fratello.

Il volatile, appartenente alla «sacra» specie dell’ibis eremita, si chiama invece Dalil ed è il protagonista dell’omonimo racconto firmato per Barometz (pp. 32, euro 24) da Francesca Bellino con Gianluca Buttolo, autore delle suggestive e poetiche illustrazioni.

Nella scena in cui i due personaggi s’incontrano, Dalil stringe nel lungo becco un oggetto che riluce come fosse l’ologramma di una colonna di marmo bianco. Si tratta in effetti di «un ricordo della città antica», raccolto dall’ibis assieme ad altre cose preziose abbandonate o distrutte dagli uomini. Ad aver ispirato Bellino è il magnifico e allo stesso tempo tragico destino di Palmira, opulenta città carovaniera della Siria, fiorita tra il I e il III secolo d.C., i cui monumenti principali sono stati devastati dall’Isis tra il 2015 e il 2017. Il riferimento alla Sposa del deserto – così veniva definita Palmira per lo splendore delle merci che confluivano nei suoi mercati – è qui metafora della guerra che ha decimato un popolo, privandolo altresì, con l’abbattimento di sfarzose e raffinate architetture, del suo paesaggio più arcaico. Proprio come l’ibis eremita è stato cacciato dalle rocce in cui proliferava.

Tra gli oggetti conservati da Dalil nel suo nido, Sadiq scoprirà una sciarpa che gli è familiare e che lo spingerà a continuare il viaggio verso nord, ora indicatogli dalla sua guida pennuta. Nelle orme del bambino s’intravvedono i passi pesanti dei profughi siriani e il solco dolente della memoria lasciato da chi non è sopravvissuto al conflitto. Ma la rivelazione di una rosa ancora in fiore che, dentro a una tenda, resiste all’aridità del deserto, farà sbocciare la speranza per Sadiq, «piccolo principe» del Medio Oriente.