Piazzato di giovedì pomeriggio a discutere con il ministro Gentiloni e l’eurodeputato Sassoli, Massimo D’Alema non ha mancato l’occasione dell’invito alla festa nazionale dell’Unità per polemizzare con Matteo Renzi. Non gli è piaciuto l’affondo del presidente del Consiglio su «berlusconismo e antiberlusconismo», messi sullo stesso piano e tutti e due responsabili, secondo il premier, «di aver fatto premere il tasto pausa alla politica». «Non dico che bisogna sempre ispirarsi al passato, ma nemmeno sputarci sopra per far finta di essere grandi», ha detto caustico D’Alema davanti ai militanti del partito radunati a Milano.
««Non è vero che per venti anni berlusconismo e antiberlusconismo si sono annullati a vicenda, almeno su alcune discriminanti le politiche dell’Ulivo possono ancora essere considerate di riferimento», ha rivendicato D’Alema. Che, arrivando ai giardini «Indro Montanelli» dove è stata organizzata la festa che il 6 settembre chiuderà il segretario con il tradizionale comizio, aveva risposto a una domanda sugli applausi che avevano accolto Renzi al Meeting di Rimini. Voti di Comunione e liberazione assicurati? «I voti si vedono il giorno dell’elezioni», aveva detto il presidente di Italianieuropei. Poi però dal palco D’Alema ha parlato di sondaggi. «Sono lieto che il Pd sia il primo partito progressista – ha detto – ma dal 41% delle elezioni europee i sondaggi ci danno oggi al 30%: ci siamo persi per strada due milioni di elettori, qualcosa sarà successo». L’analisi dell’ex presidente del Consiglio è assai meno ottimista di quella del presidente del Consiglio in carica. E affronta il nodo della strategia renziana: la rottura con la sinistra, interna ed esterna al Pd, l’avvicinamento al centrodestra.

«Sono due le alternative – ha spiegato – e il Pd si troverà presto di fronte a questa scelta: andremo alle elezioni con Alfano, Cicchitto e Verdini o cercheremo di ricostruire il centrosinistra?». L’argomento ha una sua popolarità tra i militanti, non per niente D’Alema sceglie di utilizzarlo alla festa del partito. E si vedrà se Renzi rinuncerà alla risposta polemica, nella domenica conclusiva. Anche perché nel centrodestra Alfano sta affrontando problemi speculari, e l’ala più filo berlusconiana che non vede di buon occhio alleanze a sinistra comincia a creare qualche problema. È di ieri una dichiarazione del senatore Schifani che adesso pone condizioni per il sostegno del Nuovo centrodestra alla riforma costituzionale, e quello è un passaggio nel quale il governo non può permettersi di perdere neanche un voto della maggioranza al senato (anzi, deve trovarne di aggiuntivi proprio dalle parti di Forza Italia). «Quello con i conservatori è un abbraccio mortale – ha incalzato D’Alema – come si è visto con i socialisti greci». E poi ha aggiunto: «Io voglio capire cosa farà il Pd da studioso», come dire: non ho più ambizioni politiche personali. E infine un affondo anche sul prestigio internazionale del governo. «Non ho l’impressione che il Pd cerchi di esercitare un grande ruolo sulla scena europea».