Il cattivo delle favole è un personaggio chiave: muove la trama, incarna le prove della vita, commina pene ai pupi intemperanti, come la strega ad Hansel che non resiste al marzapane. Nella favola per bimbi fessi della politica italiana a Massimo D’Alema è toccata questa parte: ma lui se ne compiace. Occhetto, che vanta una ruggine quarantenne, lo definisce «un serial killer» per via dei delitti politici che gli accolla: dalla guerra contro Veltroni a quella contro Prodi ai 101 incappucciati. Del resto sull’apposito cattivo l’incapace scarica sempre le sue colpe.

D’Alema è descritto roso dal successo di Renzi. Fosse vero, la rosura sarebbe comunque finita il 4 dicembre ’16 con l’esaurirsi delle fortune del leader Pd. Vero è che D’Alema schifa primazie sul blairismo di Renzi, che bolla anzi di «craxismo senza socialismo»: cioè di uno svarione ignorante. Vero è che Renzi non gli risparmia dispetti. L’ultimo: farlo deporre da presidente delle fondazioni eurosocialiste per rappresaglia dell’addio al Pd. Ma poi, in sordina, la neopresidente Joao gli ha confermato tutte le deleghe: Cina e Medioriente, «per indubbia competenza».

Dopo gli anni della rottamazione ora l’ex premier vuole porre rimedio al danno storico della scissione del Pci anche se quelli di Rifondazione lo definiscono «un politico Nato» (causa Kosovo). Si cercherà i voti («nel mio Salento o nulla», ha detto rifiutando un seggio sicuro nella lotteria Rosatellum). «La sua presenza nel gruppo di Liberi e uguali sarà preziosa nello scenario confuso del prossimo parlamento, la sua capacità di manovra si rivelerà determinante», spiega Peppino Caldarola, giornalista e storico collaboratore. Finita l’infatuazione a 5 stelle di marca bersaniana, serviranno i costruttori di coperchi: «Bisognerà trovare intese di governo», dice. Intanto conduce una campagna elettorale d’altri tempi. Il primo a iniziarla, il 27 dicembre. Nel programma c’era: Nardò, incontro con il mondo agricolo salentino; Ruffano, visita al Calzaturificio Mariapia e incontro con i lavoratori; Tricase, dal sindaco poi al teatro parrocchiale. (Tricase, Lecce, laggiù, da dove nel ’95 partì il tour dell’Ulivo).

D’Alema fa così dai tempi in cui arrivò in Puglia per il Pci. Fece il giro delle sezioni, poi poteva chiamare per nome gli iscritti. E il professionismo, bellezza? O semplicemente fare politica. Il Pd vuole opporgli l’omeopatica Bellanova, già capo delle braccianti di Ceglie Messapica, dalemiana fino a che D’Alema stesso le ha dato il via libera per entrare nel governo Renzi. Lei ha pianto prima di accettare. Poi, tempo due settimane, gli ha girato le spalle. Come fanno i buoni a ogni cattivo che si rispetti.