Sostengono lo stesso candidato al congresso del Pd, l’incolpevole Gianni Cuperlo. Ma fra i due non c’è, direbbero gli storici, nessuna «memoria condivisa» sulla nascita delle larghe intese e sugli errori che hanno portato all’ammutinamento di 101 i democratici contro l’elezione al Colle di Prodi.

L’ultimo litigio fra D’Alema e Bersani esplode con l’uscita del libro dell’inviato parlamentare dell’Espresso Marco Damilano, Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall’Ulivo al Pd (Laterza), impietosa disamina degli errori della sinistra degli ultimi vent’anni. «Alle elezioni del 2013 abbiamo subito uno shock, c’è stato un rigore a porta vuota sbagliato», dice D’Alema a Damilano. «A Bersani voglio bene, l’ho sostenuto in ogni modo (…) ma dopo il voto ha perso lucidità, era dominato dall’idea che senza avere la maggioranza avrebbe comunque potuto fare il governo, cosa palesemente infondata». «Ne parlammo – dice l’ex premier – e gli dissi di stare attento, era il segretario del partito che aveva la maggioranza alla Camera ed era la chiave della maggioranza presidenziale, era in una posizione di forza, insistere per farsi dare l’incarico di formare il governo lo avrebbe invece indebolito. Gli consigliai di fare un gesto, di cambiare lo scenario, di candidare Rodotà alla guida del governo. L’M5S sarebbe stato messo in difficoltà e forse la legislatura sarebbe cominciata diversamente».

Bersani smentisce seccamente: «Nessuno mi ha mai suggerito altri nomi. Tutti sanno che non avrei mai impedito nascita governo se ostacolo ero io». La vicenda, per parte bersaniana, è contenuta in un altro libro, ancora non in libreria, Giorni bugiardi, scritto dal portavoce Stefano Di Traglia e dalla direttrice di Youdem Chiara Geloni: «Una carta diversa da quella del segretario non c’è» confermano i due, «e non è vero che qualcuno suggerisca a Bersani di fare a Napolitano nomi diversi dal proprio».