«Quel po’ che ne ho visto… è fra le cose migliori di Welles». Così scriveva di The Other Side of the Wind – nell’anno della morte di Orson Welles, il 1985 – l’amico regista, ammiratore e biografo – autore di Io, Orson Welles – Peter Bogdanovich, che al film ha partecipato in veste di attore e in parte montatore postumo del materiale girato dal regista di Quarto potere. La lotta per produrre e poi far vedere la luce a The Other Side of the Wind, continuata ben oltre la morte del suo autore, è fra le più avventurose, e sfortunate, che il mondo del cinema abbia mai conosciuto: a cavallo tra due secoli incrocia la rivoluzione iraniana, i più prosaici scontri fra eredi testamentari di Welles, produttori truffaldini che scappano con il maltolto, case di distribuzione che si avvicendano negli anni per terminare la grande opera incompiuta – i cui negativi giacevano sin dagli anni ’70 in una cassaforte di Parigi.

E ora finalmente The Other Side of the Wind, storia di un anziano regista (interpretato da John Huston) che cerca finanziatori per il suo ultimo film, «incontrerà» il pubblico al Festival di Venezia, dove viene proiettato fra gli Eventi speciali insieme anche a un documentario su Orson Welles, They Will Love me When I’m Dead di Morgan Neville – intitolato con una citazione del libro di Bogdanovich, una frase che Welles aveva «borbottato» di fronte a lui: «Oh, quanto mi ameranno da morto».

A chiudere la vicenda del film di Welles è stato, nel 2016, l’intervento di Netflix , che a Venezia porta anche un altro film statunitense: il western The Ballad of Buster Scruggs di Joel e Ethan Coen. Presentato in concorso, il film avrebbe dovuto essere la prima serie tv dei due fratelli americani: era stato presentato infatti come una mini serie antologica di sei episodi, ma a luglio – quando sono stati annunciati i titoli della selezione ufficiale veneziana – si è scoperto che si era «tramutato» in un film. Ambientato in Nebraska, con tra gli altri Liam Neeson, James Franco, Tim Blake Nelson e Tom Waits, il terzo western dei Coen dopo Non è un paese per vecchi e Il grinta manterrà però la struttura antologica: «Abbiamo sempre amato i film antologici – hanno detto i due registi a «Variety» – specialmente quei film realizzati in Italia negli anni ’60 che affiancavano i lavori di diversi registi su un tema comune. Avendo scritto un’antologia di storie western volevamo fare lo stesso, sperando di riuscire ad ’arruolare’ i migliori registi all’opera oggi». «Per nostra grande fortuna – scherzano i Coen – hanno entrambi accettato».

Il film di apertura della Mostra sarà ancora – dopo La La Land nel 2016 – il nuovo lavoro di Damien Chazelle: First Man – la storia di Neil Armstrong, interpretato da Ryan Gosling negli anni che hanno preceduto la missione Apollo 11 e poi nel 1969, quando diventa appunto il primo uomo a mettere piede sulla luna.
Torna al Festival, fuori concorso, anche Craig S. Zahler ad appena un anno dalla presentazione a Venezia del suo Brawl in Cell Block 99 – sfortunatamente mai distribuito in Italia come anche il primo film del regista, Bone Tomahawk – con Dragged Across Concrete, nel quale Mel Gibson e Vince Vaughn interpretano una coppia di poliziotti violenti.

E fuori concorso ci sarà anche il nuovo documentario di Frederick Wiseman – Monrovia, Indiana – ambientato nella cittadina che dà il titolo al film: «Pensavo che un film su una piccola comunità rurale del Midwest sarebbe stato una buona aggiunta alla mia serie di documentari sulla vita americana contemporanea», ha detto il regista . «La vita nelle grandi città statunitensi, sulla costa est e ovest, viene regolarmente documentata, e a me interessava scoprire di più della vita in un piccolo paese». L’esplorazione dell’America rurale è importante per Wiseman anche perché si tratta dell’ «epicentro delle politiche e dei valori americani», un fatto «dimostrato dalle elezioni presidenziali del 2016».

Sul mondo che «ruota» intorno a Trump pure il nuovo documentario di Errol Morris, American Dharma – fuori concorso – una conversazione con l’ex manager della campagna del presidente americano e direttore del sito dell’Alt Right «Breitbart News»: Steve Bannon. Il documentario Carmine Street Guitar, di Ron Mann, racconta invece un negozio nel cuore del newyorkese Greenwich Village che è rimasto aperto resistendo alla gentrificazione: quello del liutaio Rick Kelly.
E fuori concorso vedremo anche il debutto alla regia di Bradley Cooper, con protagonista lo stesso attore di American Sniper e Lady Gaga: A Star is Born, terzo remake dell’omonimo film di William Wellman del 1937 dopo quello di George Cukor nel 1954 e di Frank Pierson nel 1976.

Nella selezione di Orizzonti quest’anno verrà presentato un solo film statunitense: Charlie Says di Mary Herron, incentrato sulla storia di tre donne che facevano parte della Manson Family, coinvolte nella strage a casa di Sharon Tate.
In competizione invece, oltre a Chazelle e ai Coen, ci sarà anche The Mountain di Rick Alverson – ambientato negli Usa degli anni ’50, con Jeff Goldblum e Tye Sheridan – Vox Lux del regista di The Childhood of a Leader Brady Corbet e un altro biopic sulla vita di un grande pittore – Van Gogh, interpretato da Willem Dafoe – girato da Julian Schnabel: At Eternity’s Gate.