Conoscenza della lingua italiana, dei valori della Costituzione e riconoscimento della parità di diritti tra uomo e donna. Ma anche rispetto delle leggi e della libertà di religione. In cambio aiuti nel reperire un alloggio grazie all’inserimento negli interventi di edilizia popolare e facilitazioni nelle pratiche per i ricongiungimenti familiari. Sono solo alcuni dei punti del primo «Piano nazionale di integrazione dei titolari di protezione internazionale» presentato ieri al Viminale dal ministro degli Interni Marco Minniti, piano che rappresenta la tavola dei diritti e di doveri per quanti cercano rifugio in Italia. I beneficiari degli interventi di inclusione sono in tutto 74.853 (11.074 dei quali donne), cifra che comprende 27.039 rifugiati (persone perseguitate per motivi di etnia, religione, nazionalità o per l’appartenenza a un determinato gruppo sociale o politico) e 47.814 titolari di protezione sussidiaria (persone che non sono rifugiate ma per le quali esistono fondati motivi per credere che possano essere perseguitate nel Paese di origine). A tutti il piano chiede di condividere «valori non negoziabili», come li ha definiti Minniti, come «la laicità dello Stato e il rispetto della donna».

Il piano nasce dalla consapevolezza che quello migratorio e un fenomeno che ha cambiato le società occidentali determinando la necessità di garantire a quanti arrivano in Italia i diritti previsti dalla Costituzione, ma anche la possibilità per le istituzioni, centrali e locali, di governare il rapporto tra i territori e i migranti. Ecco quindi che con la richiesta di rispettare le leggi e di conoscere la lingua italiana, di un albo degli imam con l’obbligo di predicare in italiano e alla relativa trasparenza sull’origine dei finanziamenti destinati ai luoghi di culto, è previsto che all’uscita dai centri Sprar, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, il migrante sia accompagnato in un percorso che lo aiuti a trovare un alloggio, anche, è scritto nel piano, «tramite la selezione di annunci immobiliari, la locazione di stanze in appartamenti con connazionali o un supporto economico per l’affitto». Tuto questo naturalmente, sottolinea il Viminale anticipando possibili contestazioni, «nella consapevolezza della situazione di emergenza abitativa che coinvolge le fasce deboli di tutto il Paese». L’obiettivo è quello di riuscire a garantire nell’arco dei prossimi due anni l’iscrizione all’anagrafe e l’acquisizione della residenza a tutti i titolari di protezione internazionale.

Infine i ricongiungimenti familiari. Nel piano si sottolinea come la possibilità di poter ricostruire un minimo nucleo familiare crea la base per una vera integrazione». Per questo sono previste modifiche legislative per aprire canali privilegiati nelle prefetture e nelle rappresentanze diplomatiche dove il titolare di protezione internazionale possa presentare domanda di ricongiungimento, ma anche dando al ministero degli Esteri la possibilità di rilasciare un laissez-passer al familiare non in possesso di passaporto o di un altro documento di viaggio.