Nel Dopoguerra il Tufello è stata una delle borgate romane dove si è lottato a lungo per uscire dalla miseria. È lì che il sociologo Claudio Cippitelli, classe 1956, ha forgiato la sua coscienza. Lo incontro nella sede di Parsec insieme a Maura Muneretto, altra colonna della struttura che quotidianamente provvede a quanto occorre e soccorre nell’universo del disagio sociale: donna tanto gentile quanto riservata e sobria d’eloquio.

PARSEC NON È ACRONIMO, è unità di misura delle distanze astronomiche. Ed è il senso che negli anni Ottanta alcuni giovani diedero al proprio lavoro di studio e iniziative nel farsi apostoli di possibilità emancipative: scoprire e coprire l’insopportabile distanza fra persone fragili e gente «perbene». Parsec -nata associazione e divenuta cooperativa sociale – ha sede in uno stabile modesto senza ascensore, a Val Melaina, zona adiacente al Tufello. I temi operativi toccano prostituzione coatta e dipendenze, migrazione e devianza, sfruttamento lavorativo e promozione occupazionale… Un lavoro innanzitutto di ascolto: storie, emozioni, fratture, sogni, bisogni. Parsec riceve contributi da Enti pubblici, sostenuta dalla benemerita Tavola Valdese. Per progetti di inclusione sociale, insieme a partner d’alto profilo (da Libera a Medici contro la tortura). «Relazioni che costruiscono» scrivono sul loro sito, dove la «cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata» – come recita l’articolo 45 della Costituzione Italiana – è effettiva, non una maschera per camaleonti. E chiariscono la loro ispirazione citando il filosofo cinese Lao Tse, contemporaneo di Buddha: «Produzione senza appropriazione, azione senza imposizione di sé, sviluppo senza sopraffazione».

CIPPITELLI VIAGGIA IN MOTO, ha occhi sinceri, barba incipiente: «La nostra vicenda ha origine nei movimenti di lotta cresciuti dopo il Sessantotto; uno dei tre soci fondatori, Francesco Carchedi, veniva dal Centro di cultura popolare del Tufello, io militavo nel Collettivo edili del Manifesto, Antonio D’Alessandro in Democrazia proletaria. Ma più che i dibattiti un po’ marziani su Mao o Lenin, il bello era fare vita comune, immaginare un mondo nuovo, studiare le condizioni materiali dei residenti: dai palazzi gli anziani non uscivano mai per la fatica delle scale, i bagni avevano un lavabo minuscolo, fare la doccia era onirico, l’acqua non era a pressione ma veniva dai cassonetti sul tetto: organizzavamo l’autoriduzione degli affitti nelle case popolari per spronare la soluzione di questioni basiche. L’impegno sociale era vitale, fondamentale, diffuso: io a 13 anni ero iscritto alla Fgci, il mio mito era Vo Nguyen Giap, quando Saigon venne liberata il 30 aprile 1975 piansi di gioia».

UN’EUFORIA EPOCALE, una tempesta neuronica di massa che scuoteva antichi assetti mentali innervando desideri policromi. Non erano tempi bui come pretende la vulgata corrente, bensì luminosi, intensi e generosi. Claudio abbandona «il clima asfittico del Pci» e nel Collettivo impara che «la conoscenza è potenza. Erano anni coloratissimi, le persone uscivano da steccati millenari: con coraggio inedito un operaio fece coming out, era il 1977».

CLAUDIO E I SUOI AMICI volevano fare ricerca sul campo. Nuove problematiche si profilavano: droga, disoccupazione, l’enorme espansione delle periferie urbane… «Ci appoggiammo all’Irpeos, ricercatori in parte Cgil, e al suo interno nacque Parsec. Negli anni Ottanta con noi fioriscono altre associazioni e cooperative laiche… Organizziamo il primo convegno cittadino sull’Aids e nel corso del tempo costruiamo iniziative sul territorio, andando oltre visioni anguste che – per esempio sulle droghe – prevedevano il Sert o le comunità. Si trattava di curare, ma soprattutto capire e prevenire: le droghe sono tema che ha origine nei disagi di società in crisi profonda. Checché se ne dica, gli anni Settanta erano stati anni di conflitti sociali per il progresso, invece la stagione successiva dell’eroina sconvolge i legami solidali, generando individualismo, indifferenza, sfiducia nel futuro. L’assunzione di sostanze psicotrope cela malessere, la droga può essere autocura per la sofferenza e pure oasi di piacere, evasione…».

DROGHE E HIV sono il settore specifico di competenza del sociologo, in giro per le scuole e dove i giovani si ritrovano. «All’inizio non sapevo che fare, gli inviti moralistici mi parevano aria fritta, coinvolgere i ragazzi dicendo che far l’amore senza precauzioni può indurre l’Aids sembrava come un corso di sci che inizia parlando di fratture, insomma non è carino…».

«COSÌ FACEMMO VENIRE da Londra un autobus a due piani, rosso fiammante, lo piazzavamo nei quartieri per due-tre mesi: un’esperienza magnifica, in certe borgate era l’unico luogo di aggregazione per pischelli, un modo di entrare in relazione vera e amicale, al punto che mettersi il profilattico diventava spontaneo nella loro intimità».

Furono i ragazzi a dare un nome al pulmann, lo appellarono Nacifrabus «perché era divertente, grande, accogliente. Non si parlava solo di Hiv, così – notando che mangiavano schifezze – organizzammo con una Coop tre giorni di Cibo in festa: niente merendine ma ottimi panini e due dietologi che ti preparavano al computer – gratis – la buona alimentazione da seguire per stare in forma».

Un’opera di sensibilizzazione itinerante straordinaria «finché nel parco di Talenti – area di spaccio e malavitosi – incendiarono Nacifrabus, e col veicolo distrussero il nostro archivio e il cuore di migliaia di ragazzi. Ne comprammo un altro…». Intanto Parsec cresceva, istituì una comunità a breve termine, «anch’essa una splendida esperienza, poi annientata dalla giunta Alemanno…».

QUESTO LAVORO di coinvolgimento giovanile e prevenzione si estende ai luoghi del piacere notturno, in primis le discoteche e i rave party, in rapporto con gestori e organizzatori, «un progetto innovativo – detto Mosaico – con lo slogan Just one night, only one life, è solo una notte, hai solo una vita; l’adesivo che lo riproduce fu un successo, i ragazzi l’hanno messo sui caschi, sui motorini, ai lampioni».

E il metodo antropologico è essenziale: un approccio empatico, evitando prescrizioni e ammonizioni, informando sui risultati scientificamente accertati, palesando insidie nelle sostanze nuove, «solo così hai credito e stima dai ragazzi; se gli dici in chiave accusatoria tu sei un drogato quelli ti sputano in faccia, e hanno ragione…».

INFINE I RAVE: col Progetto Nautilus – insieme ad associazioni come il Cammino, Magliana Ottanta, Folias, la Tenda – Parsec opera nei contesti autorganizzati, «spazi liberati temporanei tipo fabbriche dismesse, luoghi a fruizione collettiva non commerciale della musica, feste della creatività normalmente illegali e periferiche, centinaia o migliaia di partecipanti che si assemblano per una notte o più, persone comuni e nomadi viaggiatori, camper da tutta Europa, dj internazionali: la composita banlieue sociale, sovente bandita a priori per ignoranza. Ma la metropoli oggi è questa, la periferia; chi pensa che la città sia il Centro è proprio fuori dalla graziadidio, l’80% dei romani vive in periferia, Roma è la periferia».

Abbiamo detto che Parsec si occupa altresì di immigrazione, tratta di esseri umani, prostituzione. Ne scriveremo.