L’assegno unico per i figli partirà il prossimo primo luglio con una misura provvisoria destinata ai lavoratori autonomi, ai disoccupati e agli incipienti ai fini dell’Irpef esclusi dagli assegni per il nucleo familiare. Lo ha deciso ieri il consiglio dei ministri che ha approvato un decreto legge con una «norma ponte» che stanzia un beneficio medio di 1.056 euro a famiglia che dovrebbe raggiungere 1,8 milioni di nuclei in cui vivono circa 2,7 milioni di figli minori.

L’assegno sarà corrisposto in base al numero dei figli e alla situazione economica della famiglia attestata dall’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). Varierà da un massimo di 167,5 euro a figlio nei nuclei fino a due minori che hanno un Isee fino a 7 mila euro a un minimo di 30 euro per le famiglie con due figli che hanno un Isee fino a 50 mila euro e 40 per quelli che ne hanno tre. L’importo sarà maggiorato di 50 euro per i figli disabili. È previsto che l’importo dell’assegno salirà a 217,8 euro per le famiglie che hanno almeno tre figli.

In una bozza del decreto approvato ieri prevedeva di aumentare questi contributi con 37,5 euro a figlio nei nuclei dove ci sono due figli fino ai 21 anni di età e 55 euro per minore nelle famiglie con almeno tre figli. Una misura ritenuta necessaria per evitare il problema già visto con gli 80 euro di Renzi. Le famiglie che superano la soglia di reddito previste potrebbero essere costrette a restituire la cifra addizionale ricevuta. Il costo complessivo solo per i prossimi sei mesi sarà di tre miliardi, la maggior parte dei quali destinati alla misura principale.

Per i prossimi sei mesi, in attesa dell’entrata in vigore di un «assegno universale per i figli» saranno mantenute le detrazioni fiscali e gli assegni familiari esistenti. Dal prossimo gennaio la legge delega approvata dal parlamento, con numerosi decreti attuativi da varare, prevede una maxi-semplificazione delle detrazioni fiscali ai fini dell’Irpef per figli a carico, inclusa quella al quarto figlio; l’assegno per il nucleo familiare; l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; l’assegno di natalità; il premio alla nascita; il fondo di sostegno alla natalità. Queste misure, pari a oltre 14 miliardi di euro, confluiranno in un «assegno unico» il cui finanziamento è stato integrato con 3 miliardi per il 2021 e 5 miliardi per il 2022. Altre risorse potrebbero essere recuperate nei prossimi mesi.

Questo modo di procedere ha suscitato alcune perplessità. Invece di fare partire dal primo gennaio 2022 un assegno universale uguale per tutti, sulla cui base modulare interventi in base alle situazioni specifiche, si è preferita la strategia «a spizzichi e bocconi» dovuta principalmente a motivi di consenso politico, con i partiti che fanno a gara per intestarsi un provvedimento a cui seguiròà l’approvazione di un «Family Act» (servizi per l’infanzia, politiche di conciliazione vita/lavoro e per l’occupazione femminile, politiche scolastiche, ad esempio).

Sono diversi i problemi irrisolti. Il governo dovrà trovare un modo per evitare che l’Isee che indica la situazione economica equivalente di una famiglia sia, a parità di reddito, ad essere più basso per i nuclei numerosi. L’universalismo selettivo di questa misura, inedita nelle politiche sociali italiane, rischia di infliggere una perdita alle famiglie numerose, con minori e disabili adulti sono destinatarie delle maggiorazioni degli assegni familiari.Si corre anche il rischio di beneficiare gli autonomi, ingiustamente esclusi dal godimento del Welfare, ma di penalizzare i dipendenti che sono stati integrati nel modello di cittadinanza sociale vigente.

L’assegno sarà compatibile con il «reddito di cittadinanza». A tale proposito colpisce la differenza con questa misura che esclude gli extracomunitari residenti da meno di 10 anni. L’assegno invece include chi risiede in Italia da almeno due anni e ha un contratto di lavoro almeno semestrale. È il Welfare arlecchino italiano: cambia a seconda delle misure e dei partiti che lo sostengono.