Ecco a voi Silvio l’europeista. Pronto a sostenere con la bandiera azzurra al vento quel parametro del 3% nel rapporto deficit/pil che «è una regola discutibile ma va rispettata». Ed ecco anche Silvio l’amico numero 1 di Angela Merkel «con la quale ho sempre avuto un ottimo rapporto anche se qualcuno ha cercato di mettere zizzania facendo circolare volgarità non vere». Quel sorrisetto con cui la cancelliera, in tandem con Sarkozy, lo seppellì nel 2011, chi se lo ricorda più?

Berlusconi, un tempo il reprobo guardato a Bruxelles con sospetto misto a una punta d’irrisione, torna nel cuore della Ue da trionfatore. Il Ppe lo accoglie a braccia spalancate. «Il programma di Fi ha il nostro chiarissimo appoggio», si lancia cuore in mano il segretario del Ppe Antonio Lopez. Poi prosegue impetuoso: «L’Italia è fondamentale. Il Sud Europa deve avere maggior presenza nelle decisioni e ciò sarà possibile con il nuovo governo, che sarà forte anche grazie all’influenza di Berlusconi: il Ppe è la sua casa».

E’ significativo che Lopez, pur nel tripudio, eviti di fare apertamente cenno a un governo di centrodestra, si tenga sul vago e anzi, citando un governo solido «anche grazie a Berlusconi», lasci intendere di alludere a ben altra formula che non l’asse Arcore-Salvini-Meloni. In effetti Berlusconi è a Bruxelles per questa due giorni densa di incontri, a partire da quello di ieri sera con Tajani e Juncker («Eccellente», ha definito l’incontro il presidente della Commissione Ue), sia per incamerare riconoscimenti che per distribuire rassicurazioni. Ma non sul futuro governo di centrodestra bensì, come nelle file azzurre tutti ammettono ma solo in segreto, sulle sue disponibilità e propensione a sostenere un nuovo governo Gentiloni-Padoan in tandem con il Pd. Non c’è neppure bisogno di dirlo apertamente. Se l’alleato del partito più antieuropeista che ci sia in Italia, a conti fatti molto più di M5S, professa il suo «convincimento profondo dell’essenzialità dell’esistenza della Ue», se ricorda l’epoca angosciosa della guerra fredda per asserire che «dopo le terribili guerre della prima parte del secolo scorso l’Europa ci ha dato settant’anni di pace e bisogna continuare con l’Europa per la pace», lo strappo è nei fatti.

Il bello è che la Lega è pienamente consapevole del senso preciso che assume la tournée europea dell’ex Cavaliere, e anche in questo caso, sia pur con la dovuta discrezione, basta chiedere per sentirselo confermare. Salvini replica con toni opposti a quelli del signore d’Arcore: «Non abbiamo bisogno di garanti. Siamo una Repubblica sovrana che è stata calpestata dagli interessi di Bruxelles e Berlino e sono gli italiani a dover essere garantiti da questo». Ma la vera risposta leghista va cercata nella composizione delle liste. Salvini sa perfettamente che il progetto dell’alleato è spaccare il gruppo del Carroccio per acquistare i voti necessari a far decollare il governo con il Pd, mette in conto la probabilità di perdere qualche parlamentare, ma intende comporre le liste in modo tale da mantenere il grosso della truppa.

La vera preoccupazione di Arcore, per quanto paradossale sembri, è in questo momento la tenuta del Pd. Perché l’operazione vada in porto Renzi non deve scendere sotto il 23%. Non è affatto detto che ce la faccia. Ma anche in questo caso l’alternativa più probabile, quella illustrata ieri da Paolo Mieli sul Corriere della Sera di un governo del presidente in carica per un anno con il compito di riscrivere la legge elettorale, presieduto da Gentiloni ma con la riforma stessa guidata da M5S, vedrebbe Berlusconi nella medesima posizione centrale invocata ed esaltata ieri dal segretario del Ppe Lopez.

Con una legge elettorale bislacca come quella partorita dall’alleanza Arcore-Nazareno non si può mai dire, ma il calcolo delle probabilità è tutto a favore di una postazione decisiva dell’ex affidato ai servizi sociali, sia nel caso di un governo Pd-Fi, sia con un «governo del presidente» sia, ovviamente, nella opzione forse oggi meno desiderata dal capo azzurro: una vittoria netta del centrodestra. Certo, in questo caso l’uomo si «rassegnerebbe» volentieri e probabilmente non faticherebbe a stemperare la foga europeista di ieri. Ma la navigazione sarebbe tempestosa.