«Non siamo qui per fare una corrente ma per cominciare a discutere del congresso Pd partendo dai programmi». Ieri pomeriggio in una sala vicino a Montecitorio, mentre l’aula votava la prima fiducia al governo Letta, l’ex ministro Cesare Damiano ha inaugurato la prima discussione sul congresso Pd organizzata da sette associazioni della sinistra dentro e fuori il Pd. Gianni Cuperlo era l’unico candidato presente (molto applaudito il suo passaggio sul «recupero culturale dell’uguaglianza, l’autonomia, la solidarietà»), ma l’oggetto del dibattito era una «costituente delle idee» e non «il battesimo dell’ennesima corrente». Infatti Epifani benedice: «Se cominciamo dividendoci sul ’chi’ facciamo il peggiore servizio possibile al ruolo del Pd».

In effetti la platea piena di volti noti della sinistra romana, anche cattolica e socialista, eterogenea sui posizionamenti congressuali, su una sola cosa invece era compatta: il no al presidenzialismo. Lo pronunciano gli organizzatori. Lo ripete il viceministro Stefano Fassina, già bersaniano di ferro e oggi vicino a Epifani: «Le scorciatoie del presidenzialismo rischiano di essere illusorie. La Francia negli ultimi vent’anni ha fatto meno riforme di tutti». Nel caso in cui vadano avanti le riforme, Damiano propone «un referendum fra gli iscritti Pd ma anche riaprendo l’albo delle primarie. Siamo contro il presidenzialismo perché vogliamo combattere il rischio del plebiscitarismo».

Il cammino delle riforme, in realtà, è tutto in salita. Ieri, dalle audizioni dei ’commissari’ al senato, è filtrata la bocciatura netta del disegno governativo da parte del costituzionalista Alessandro Pace (che l’aveva già anticipata sulle pagine del manifesto): fra l’altro perché prevede «una modifica surrettizia con effetti permanenti della procedura dell’articolo 138 della Carta» e ritaglia per il governo un «ruolo privilegiato» che non dovrebbe avere. Un testo pasticciato anche sul lato del referendum: il 138 lo prevede solo se non si raggiunge la maggioranza dei 2/3, mentre il ddl prevede che se ne possa fare sempre richiesta. Significa che in futuro «ci sarebbero due diverse procedure a seconda dell’oggetto della legge di revisione?». Dalle reazioni politiche, è chiaro che l’accordo è lontano, se mai arriverà, ovvero se il Pdl farà arrivare governo così lontano.

Nel frattempo comunque nasce il fronte degli anti-presidenzialisti. Alla proposta di Damiano – condivisa trasversalmente nel Pd, anche l’ex ppi Fioroni la appoggia – stamattina si aggiungerà un’altra, simile, di Antonio Ingroia, ormai ufficialmente ex magistrato. La annuncerà a Roma al primo congresso del movimento Azione Civile nato dalla morte della «Rivoluzione» ingroiana. L’ex procuratore lancia la sfida al Pd proprio sull’idea di consultare il popolo del centrosinistra «sulla riforma che rischia di stravolgere lo stato di diritto italiano, neutralizzando la funzione di garanzia del potere della magistratura», come ha anticipato ieri ad Agorà (Rai3). Con lui si schierano gli ex compagni di strada Ferrero (Prc) e Di Pietro (Idv). Ma l’antipresidenzialismo si prepara a diventare soprattutto il vessillo intorno al quale tenta di riunirsi il centrosinistra spaccato dal governo delle larghe intese. Un vessillo infatti vistosamente contro le preferenze dichiarate dal premier Letta e dall’aspirante premier Renzi.

Un’opzione, quella presidenzialista, considerata «pericolosa» anche da un manifesto che martedì sarà illustrato da un gruppo di costituzionalisti ed è già firmato da sessanta parlamentari di Pd, Scelta Civica e Sel (fra loro Bindi, Tocci, Migliore, Casson, Civati, Carlo Galli, Mineo, Monaco, Pezzopane, Puppato). Sulle riforme avanzano dubbi di metodo e di merito: «Le modifiche che si vorrebbero introdurre» sono «preventivamente orientate verso un’opzione semipresidenzialista, come se su questo modello fosse già stata siglata un’intesa che non lascia margini a un vero e libero confronto». L’opzione presidenzialista è «pericolosa», concludono, per «le ricadute che avrebbe sull’impianto costituzionale, che verrebbe profondamente snaturato, e sul tessuto sociale e civile del nostro paese».