Viaggiare in Cina alla ricerca di millenni di storia diffusi sul territorio è un’impresa deludente poiché della civiltà passata, di originale e antico ne rimane ben poco. L’imponente fase di ricostruzione in «stile antico» che investe il paese, coinvolge interi centri storici e non risparmia di certo i numerosi complessi monastici dedicati alle principali religioni. L’architettura che contraddistingue i monasteri, noi occidentali la definiremmo organica, ovvero fortemente integrata con la natura circostante, pertanto la dualità yin/yang si rilegge nel rapporto tra la geometria dei cortili a pianta rettangolare e i giardini che vi sono racchiusi. In particolare il monastero buddista rievoca l’architettura del palazzo imperiale in memoria dell’antico rapporto tra i due edifici che risale al regno dei Bei Wei (386-534 d.c.).

La dinastia sostenne infatti la diffusione della nuova religione che proveniva anch’essa da oltre il confine. La loro prima capitale Pinchang (Datong), nella provincia dello Shanxi, conserva nelle vicinanze un magnifico complesso di arte rupestre che celebra l’arrivo del Buddismo in Cina: le grotte di Yungang. I lineamenti dei Buddha scolpiti nella roccia riflettono ancora l’influsso indiano, la trasformazione dello stile figurativo avverrà successivamente nelle grotte di Longmen vicino Luoyang, dove i Bei Wei sposteranno la capitale nel 493 d.c. I Buddha di Longmen avranno sembianze più austere, in alcuni casi potremmo definirle marziali.
Forse sarà la vicinanza delle grotte al monastero di Shàolín. È qui che i rapporti tra ordine monastico e dinastie furono emblematici poiché tra gli insegnamenti fondamentali del buddismo c’è l’assoluto divieto di ricorrere a qualsiasi forma di violenza: a Shàolín la storia ci racconta di una grossa eccezione e di come i monaci svilupparono un sistema marziale che consentì alle dinastie di poter confidare occasionalmente su un esercito straordinario di preziosi alleati. Numerose sono le storie che vedono l’intervento dei monaci guerrieri in favore delle dinastie Tang, Ming e Qing, storie testimoniate da più di cento stele presenti nel monastero.
Per elevare il monastero a centro di diffusione del Dharma occorreva un santo che trasmettesse gli insegnamenti.

Ecco quindi Bodhidharma, il patriarca del buddismo Chan, che arrivò nel monastero nel VI secolo e insegnò ai monaci alcuni esercizi ponendo le basi per lo sviluppo delle arti marziali. Tornando all’architettura del monastero, i cortili si sviluppano lungo l’asse sud-nord e sono circondati da una cinta muraria sormontata ai due angoli sud dalle torri del tamburo e della campana i cui suoni scandiscono le attività dei monaci.
All’entrata c’è una trave orizzontale posta a terra. Sono le famose «spalle di Buddha» che ostacolano demoni ed energie negative (e forse i topi). Le donne varcheranno la porta con il passo destro e gli uomini con il sinistro, ma in nessun caso si dovranno poggiare i piedi sulle spalle di Buddha.
I padiglioni centrali del monastero sono legati alla preghiera e alla spiritualità, i laterali sono ambienti di servizio, alloggi, cucine, refettori e magazzini. Nel primo padiglione dimorano i quattro re celesti guardiani del mondo. Segue Weituo, il bodhisattva guardiano degli insegnamenti, con la sua arma (il Vajra) che sarà poggiata sugli avambracci, impugnata o poggiata a terra in relazione al rango del monastero.
La Sala del Buddha è il vero cuore del monastero: qui troviamo Shakyamuni, con i suoi migliori discepoli, Ana (l’eccellenza nello studio del Dharma) e Jaya (l’aiuto agli altri). A volte, c’imbattiamo nella sala dei Luóhàn, santi che hanno raggiunto l’illuminazione individuale. Il padiglione poggia su una base rialzata alla quale si accede attraverso una gradonata, la pianta è aperta e colonne lignee sorreggono ordini di travi vincolate da prodigiosi incastri a sostegno della copertura a falde curve.
Allo sviluppo orizzontale del tempio si contrappone la verticalità estrema della Pagoda, espressione del rapporto diretto con il divino. Tra gli esempi ricordiamo la Pagoda della Grande Oca Selvatica a Xi’an, nata per conservare i testi sacri che il monaco buddista Xuan Zang riportò in patria dal suo Viaggio in Occidente (629-645 d.c.) celebrato nell’omonimo romanzo di epoca Ming.
Una vera meraviglia è la Pagoda del tempio di Fo Gong nello Shanxi (1056 d.c.). La struttura in legno, totalmente priva di chiodi, è formata da un elegante sistema di travi ad incastro che ha visto quasi mille anni di storia. Sopravvissuta a numerosi eventi sismici, teme solo il fuoco, il principale nemico dell’architettura antica della quale spesso preserviamo solo la memoria tramandata nel tempo.