I 20 paesi del mondo che da soli fanno l’80% del Pil, più dell’80% del consumo energetico mondiale e più dell’80% della Co2 emessa si ritrovano a discutere: ieri di tutela di ecosistemi e biodiversità, oggi clima, energia e decarbonizzazione. E’ il G20 Ambiente Clima ed Energia che si sta svolgendo a Napoli. La due giorni è la sintesi di mesi di incontri tra le delegazioni e i tecnici internazionali. Ma è anche un appuntamento fondamentale in vista della Cop26, la conferenza dell’Onu sul clima che si svolgerà a novembre a Glasgow, in partnership con l’Italia.

L’ITALIA PRESENZIA, padrone di casa è il Ministro della Transizione ecologica che nel suo intervento di apertura ha recitato il cerimoniale delle buone intenzioni. Il ministro ha affermato che è necessario guardare alle nuove generazioni per pianificare la ripresa, resistendo alla tentazione di ricostruire le nostre economie sul modello pre-pandemia. Tra alluvioni , ondate di calore, incendi che hanno messo in ginocchio i paesi da est a ovest e da nord a sud, le condizioni in cui questo vertice si presenta sono senza precedenza, di conseguenza le parole non possono essere tiepide. Hanno preceduto il meeting degli incontri bilaterali come quello con ha l’inviato speciale del presidente Usa per il clima John Kerry durante il quale si è concordato sull’obbiettivo ambizioso di mantenere in questo decennio il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. Per raggiungerlo:più rinnovabili. Ma si sa che le azioni concrete si discostano spesso diversi dalle intenzioni.

LA SOCIETÀ CIVILE DENTRO le mura del G 20 ha preso parola per bocca fra gli altri di Maria Grazia Midulla, coordinatrice del gruppo Clima Biodiversità e Transizione ecologica del C20 (Civil 20), la quale ha fatto notare la contraddizione che sussiste far il chiedere più rinnovabili nel minor tempo possibile e nel frattempo continuare a sussidiare i combustibili fossili, una questione che nasce nel 2009 e che anche in questo G20 non ha fatto alcun passo in avanti. E’ necessaria invece un’accelerazione degli interventi e di raggiungere un accordo almeno su questioni basilari come zero emissioni netto al 2050, come indica il rapporto di Parigi. Le fa eco, fuori dal vertice, la deputata Rossella Muroni, capogruppo alla Camera di FacciamoECO,, secondo la quale non basta la riduzione delle emissioni del 51% al 2030 indicata nel nostro Pnrr per il Pinec, bensì il target al 2030 deve essere almeno a meno 65% rispetto ai livelli del 1990.

IL RESTO DELLA SOCIETÀ civile che sul G20 ha qualcosa da dire stava fuori dalle mura, tenuto a distanza dai consueti accessori dei vertici dei grandi, che in questi giorni si sono ripresentati nelle celebrazioni del ventennale di Genova. Ecco di nuovo le zone rosse, la blindatura della città fin dal mattino, ecco ricomparire anche il termine No Global per definire il fronte che in diversi momenti e in diversi luoghi ha contestato il vertice. Il pomeriggio precedente l’inzio, un gruppo di circa 50 attivisti è riuscito a varcare la soglia della “zona rossa” entrando in piazza Plebiscito Una seconda protesta si è svolta una contestualmente all’apertura dei lavori nel porto di Napoli, dove i manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta “Stop G20” e “Lavoro salute ambiente la lotta è una sola, insorgiamo”.

Bloccata anche una raffineria Q8 a San Giovanni a Teduccio, mentre gli attivisti di Beesagainstg20 invece hanno manifestato bloccando lo svincolo autostradale dell’A3 a Napoli est. Nel pomeriggio di ieri è poi partito il corteo aperto da uno striscione «Il G20 balla sul Titanic, salviamo il Pianeta: Jatevenne». Tremila persone secondo gli organizzatori, principalmente strutture antagoniste e ambientaliste locali: una miscela di centri sociali, campagne come Stop Biocidio, Fridays for Future ed Extinction Rebellion Napoli, i movimenti dei disoccupati, sindacalismo di base e i liberi cittadini , supportati dalle delegazioni di movimenti provenienti da altre parte d’Italia come i No Tav, i No Tap, No Grandi Navi e la rete Nazionale Rise Up for Climate Justice.

Realtà diverse a dire la stessa cosa, affidata a messaggi scritti sui gavettoni che sono stati lanciati alle forze di polizia che hanno impedito al corteo di dirigersi verso l’area del vertice: no agli accordi con chi continua ad inquinare, sì a una transizione ecologica prodotto delle istanze dei territori, dei popoli più deboli e dei giovani

IL MINISTRO CINGOLANI, che ha dichiarato di “non capire i tafferugli”, nella conferenza stampa di chiusura della prima giornata ha avanzato la possibilità di raggiungere a un accordo anche sui punti più complicati sul tavolo del G20: il contenimento della temperatura sotto 1,5°C per la metà del secolo, non 2 , e la necessità di accelerare sulla decarbonizzazione facendo in una decade, ovvero al 2030, quello che Parigi chiedeva per il 2050. Ma ha già messo le mani avanti, adducendo alle difficoltà di paesi come quelli Arabi, Cina, la Russia e i Paesi emergenti, che hanno economie basate su fonti fossili.