Ministro a sorpresa. Il nome di Paolo Gentiloni per la Farnesina non era mai uscito fuori. Lo stesso diretto interessato non ne ha saputo niente fino a 48 ore prima, quando è stato per la prima volta «allertato».

In realtà in una stanza quel nome era già risuonato: nello studio del Quirinale dove Napolitano e Renzi si erano incontrati giovedì per ritrovarsi in pieno disaccordo e dunque con la casella della Farnesina vacante. La mediazione risolutiva è uscita fuori lì, sia pur ancora in via ipotetica, dato che in ballo c’era anche Giorgio Tonini, renziano inossidabile.

Nella notte Renzi ci ha pensato sopra, ha valutato i pro e i contro. Ieri è tornato sul Colle con la decisione presa e senza neppure provare a insistere su uno dei petali scartati giovedì dal sovrano.

Detto fatto. Ieri alle 18 Paolo Gentiloni ha giurato, di fronte al capo dello Stato, al presidente del consiglio e a due testimoni, il segretario generale della presidenza Donato Marra e il consigliere militare generale Mosca Moschini. Oggi si insedierà alla Ue Federica Mogherini, senza lasciare sedie vacanti.

Con il neoministro sono stati nominati anche due sottosegretari: Davide Faraone, renziano più di come non si può alla Pubblica istruzione, e Paola De Micheli, bersaniana, all’Economia. Non precisamente un esempio di prosa limpida il primo commento del nuovo ministro: «L’Italia è una grande Paese, e sugli equilibri globali, sul futuro politico della Ue e sullo sviluppo dell’area del Mediterraneo il governo Renzi deve contribuire con la sua politica a essere all’altezza di questo Paese» (sic).

Il risultato del braccio di ferro tra i due presidenti è un pareggio. Gentiloni non corrisponde all’identikit su cui puntava Renzi: è maschio e navigato assai. Non è neppure uno dei due nomi messi in campo da Napolitano giovedì: Lapo Pistelli ed Emma Bonino.

Ma dopo aver reciprocamente affondato i rispettivi papabili nessuno poteva più permettersi di impuntarsi oltre, ed è così che dal cilindro di Renzi è saltato fuori Gentiloni.

È un politico di professione, con il suo bravo cursus honorum, e con tanto di ministero (quello delle Comunicazioni nel secondo governo Prodi) alle spalle. Non particolarmente esperto in politica estera, a differenza di quanto richiedeva Napolitano, anche se alla Camera faceva parte della commissione Esteri e negli anni ’80 era nella rivista di Luciana Castellina Pace e Guerra, attenta soprattutto a quel che succedeva oltreconfine.

Il dato essenziale, per Renzi, è però che si tratta di un veltroniano e poi di un renziano della prima ora. Affidabile al 100%, a differenza di Pistelli che è noto per giocare spesso in proprio e che , nei giorni dello scorso con Bersani, pur da «franceschiniano» era stato tra i più duri nell’attaccare lo sfidante fiorentino e nel sostenere l’allora segretario.

Gentiloni, per Renzi, è perfetto politicamente. Molto meno sul fronte dell’immagine.

Dalla vicenda esce ammaccata soprattutto Marina Sereni, e infatti nel Pd i «fassiniani» sono inviperiti.

In effetti Renzi ha giocato la partita tanto male da autorizzare il sospetto che avesse in mente una strategia tortuosa.

L’aver squadernato subito una rosa di candidate (Lia Quartapelle, la stessa Sereni ed Elisabetta Belloni), pur sapendo che il capo dello stato aveva in mente tutt’altri nomi, ha messo infatti l’imberbe di palazzo Chigi nell’impossibilità di tirare fuori la candidata «vera» come soluzione di mediazione. Di qui il dubbio che assegnare la Farnesina a una rappresentante della vecchia guardia, e non di stretta osservanza renziana, non fosse nelle intenzioni di don Matteo.

È anche vero, però, che il caso di un capo dello stato che affonda un’intera rosa di candidati è più unico che raro, ed è dunque possibile che Renzi sia stato davvero colto alla sprovvista dall’imposizione del regnante.

In ogni modo, l’esito della partita è la conquista di una nuova casella da parte della vecchia Margherita, che nel Pd è ormai la forza egemone, avendo relegato in un cantuccio gli ex dominatori di estrazione Ds. «È stata rottamata la rottamazione», esulta Fioroni, altro ex margheritino.

Mica vero. La rottamazione di qualsiasi cosa ricordi la sinistra procede che è una bellezza.