Una volta digeriti i risultati delle elezioni di ieri, e subito dopo le feste, inizierà un lungo percorso a ostacoli di scadenze burocratiche e legali perché inizi la nuova legislatura catalana, la tredicesima del periodo democratico. I 135 nuovi deputati dovranno prendere possesso del proprio scranno entro i prossimi 20 giorni feriali: la prima seduta del nuovo parlament dovrà avvenire entro il giorno 23 gennaio. Le leggi catalane prevedono che sia il presidente della Generalitat uscente a convocarlo, ma poiché Carles Puigdemont è stato destituito dal governo spagnolo con l’applicazione dell’articolo 155, questa funzione verrà esercitata dal presidente spagnolo Mariano Rajoy.

In questa seduta verrà eletto l’ufficio di presidenza e il o la presidente della camera catalana. La scelta di chi ne formerà parte sarà chiave, tra poco vedremo perché. Ricordiamo che tutti i membri dell’ufficio di presidenza della scorsa legislatura sono indagati per aver permesso votazioni, secondo l’accusa, «illegali».
Il 131º o la 131ª presidente catalana (secondo i conteggi tradizionali che fanno risalire l’incarico al XIV secolo; solo il sesto dell’era democratica) potrebbe non entrare in carica fino ad aprile, se tutto va bene. Infatti dopo la prima seduta, il nuovo presidente del parlament ha dieci giorni per proporre all’assemblea il nome di un nuovo presidente. Il limite massimo sarebbe quindi il 6 febbraio. Dopodiché, se non dovesse ottenere la maggioranza assoluta dei voti, come è probabile, dovrà sottomettersi a una seconda votazione due giorni dopo, quando basterà solo la maggioranza di sì.

L’ultima volta, Artur Mas venne battuto per l’astensione della Cup che si rifiutava di far diventare presidente il simbolo della corruzione catalana, e dovette cedere il passo a Puigdemont. Il termine massimo per trovare un altro candidato sono 60 giorni (festivi inclusi): si arriva quindi al 6 aprile come ultima data possibile per eleggere un nuovo president (e sospendere l’efficacia del 155). Altrimenti, scattano nuove elezioni.

Saranno 16 i deputati del nuovo parlamento imputati e indagati per il tentativo di proclamazione di indipendenza, di cui otto non potranno presentarsi: tre sono in carcere (il capogruppo di Erc, Oriol Junqueras, l’ex ministro degli interni Forn e Jordi Sànchez di Anc, uno dei due leader delle associazioni indipendentiste, candidato da Junts per Catalunya), e 5 sono in Belgio (l’ex presidente Puigdemont e quattro ex ministri). Potranno prendere possesso del loro seggio, perché il regolamento non prevede la presenza fisica (potranno delegare), ma non è chiaro se potranno votare. Secondo il regolamento del Parlament, il voto delegato è possibile solo in casi come maternità, paternità, ospedalizzazione, malattia grave o incapacità prolungata dovutamente accreditata. È qui che la composizione dell’ufficio di presidenza gioca un ruolo chiave, giacché otto seggi potrebbero essere molto preziosi se gli otto non decidono di far scorrere la lista. L’ufficio di presidenza può infatti modificare questi criteri (lo prevede il regolamento), e una maggioranza indipendentista certamente sarebbe più benevolente di una non indipendentista. È comunque possibile che almeno i tre incarcerati possano ottenere permessi speciali dal giudice almeno per partecipare alle votazioni: c’è il precedente nei paesi baschi di un deputato candidato presidente in carcere per terrorismo.

Questo potrebbe essere il caso per esempio di Junqueras: per essere eletto president, il regolamento prevede che si debba essere deputati e si debba fare un discorso alla camera. Altra cosa è quanto sia praticamente gestibile un governo il cui presidente sia in carcere. l. t. b.