Prima di tutto lo scenario. New York prima di Rudy Giuliani era proprio come la si vedeva nei «documentari» di Lustig, Carpenter e Enzo G. Castellari. E non è un caso che i Suicide muovano i loro primi passi contemporaneamente ai pionieri dell’hip-hop. Era finita un’era per tutti. Il rock faceva i conti con la fine di un’epoca e i ragazzi afroamericani e latini cercavano un nuovo ruolo (e suono) in un contesto urbano degradato e violento. La scena primaria è il South Bronx. E lì che l’hip-hop emerge a metà degli anni Settanta. La sua singolarità in quanto fenomeno musicale è di non sorgere dall’intuizione di musicisti ma di dj che suonavano dischi accompagnati dalle movenze di ballerini di strada.

Il pezzo forte di questi strumentali erano i «breakbeat» ossia ritmi di batteria dove la cassa non segue il 4/4. La sincope improvvisa o il poliritmo sono una caratteristica dell’afro-beat per esempio. Unanimemente riconosciuto padre fondatore dell’hip-hop è Kool Herc al secolo Clive Campbell, originario di Kingston, Giamaica. Trasferitosi dodicenne a New York nel 1967, inizia a far girare i suoi piatti nel 1973. La sua specialità, oscuri brani soul caratterizzati da potenti breakbeat. L’hip-hop come fenomeno musicale nasce nel Bronx al 1520 di Sedgwick Avenue. Herc suonava la sua musica nel community center del quartiere dove viveva. Giamaicano, aveva ovviamente ben chiaro nelle orecchie il toasting (ossia Dj che «parlavano» sui lati B, le versioni dub, dei pezzi reggae più famosi).

Ben presto, i piccoli centri comunitari diventano troppo affollati per le seguitissime performance di Herc che prima suona per strada, allacciandosi direttamente ai pali della luce (i block party nascono così), e poi si trasferisce in un club del Bronx che si chiamava Twilight Zone (ogni riferimento alla serie di Rod Serling è assolutamente voluto). L’impatto di Herc su Grandmaster Flash e Afrika Bambaataa è inestimabile. Herc, che si muoveva in un momento in cui il ruolo fra dj e rapper non era ancora delineato come sarebbe stato in seguito, oltre a rappare di tanto in tanto, vantava al microfono Coke La Rock, il cui fraseggio minimalista è considerato il primo vagito in assoluto dell’hip-hop. Cosa curiosa, La Rock rappava non visto dal pubblico, improvvisando in continuazione e alimentando la curiosità su chi si celasse dietro quei versi che sovente chiamavano in causa il pubblico. La popolarità di Herc e La Rock inizia a scemare nel ’77. Dopo una rissa che termina con Herc ferito da una coltellata, La Rock decide di cedere il passo alle nuove generazioni.

Pur sinonimo l’uno dell’altro, c’è una differenza fra rap e hip-hop. Con Krs One si potrebbe dire «La musica rap è quello che facciamo, l’Hip-hop è quello che viviamo». Nell’introduzione alla fondamentale Anthology of Rap curata da Bradley e DuBois (Yale University Press) si specifica che l’hip-hop è il termine utilizzato per abbracciare una cultura polistratificata della quale il rap è solo una parte. Nel ’79 la Sugarhill Hill presenta al mondo il fluviale Rapper’s Delight. Un successo senza precedenti. Miopi critici annunciano però l’esaurirsi rapidissimo del fenomeno. Sbagliando di brutto. Quando qualche anno dopo Afrika Bambaataa campiona i Kraftwerk, intuendo genialmente il funk nelle geometrie elettroniche kraute, spiana la strada non solo all’electro ma all’idea stessa che fosse possibile campionare tutto e ballarci sopra.