Nei giorni scorsi un bambino di soli undici anni si è tolto la vita a Napoli buttandosi dal balcone. A rendere ancora più agghiacciante l’accaduto, un sinistro messaggio lasciato ai propri genitori in una chat di famiglia che fa riferimento a un misterioso uomo dal cappuccio nero.

«Mamma, papà vi amo. Devo seguire l’uomo col cappuccio nero, non ho più tempo. Perdonatemi».

La quasi totalità dei media riferisce di istigazione al suicidio, probabilmente attraverso un gioco, una “challenge” come la definiscono gli adolescenti, in cui l’adolescente deve superare prove di crescente pericolosità sino ad arrivare al gesto estremo di togliersi la vita o di uccidere una persona cara.

Negli scorsi anni fenomeni come la Blue Whale challenge, una serie di sfide che impongono alle giovani vittime atti di autolesionismo, sono stata ipotizzate come causa di morte di alcuni adolescenti.

Nel caso del bimbo napoletano, si legge di un fantomatico “Jonathan Galindo”, un misterioso personaggio che adescherebbe giovani dal web per reclutarli in un girone infernale di challenge estreme.

Il condizionale è d’obbligo perché diversamente da altri fenomeni simili, la storia relativa a Jonathan Galindo sembra essere una leggenda alimentata da pochi sprovveduti influencer sul web.

L’aspetto di Jonathan Galindo è buffo e apparentemente innocuo, impossibile non notare la somiglianza con Pippo, il popolare personaggio della Walt Disney. Storie in rete riferiscono di una crudele e misteriosa figura che si celerebbe dietro queste sembianze.

Jonathan Galindo materializza le paure dell’ignoto, di quell’uomo nero che non si ferma all’uscio delle nostre case, ma che piomba nelle camerette nei nostri bimbi attraverso una console di videogiochi, uno smartphone o un PC.

L’unica certezza nel caso del bambino suicida è la normalità del contesto in cui è cresciuto e nell’armonia del suo contesto familiare.

Come possono, e devono, i genitori proteggere i propri figli da quelle minacce che albergano nello spazio digitale che chiamiamo web?

Chi è l’uomo dal cappuccio nero da cui fuggiva il bambino e qual è il ruolo di questa figura nella pianificazione di quest’assurdo suicidio?

Jonathan Galindo è un personaggio partorito nel 2012 dalla fantasia di un produttore di effetti speciali cinematografici di nome Samuel Catnipnik, anche conosciuto come Samuel Canini. L’uomo si è dichiarato estraneo ai fatti invitando a declinare l’invito di qualunque entità online che utilizzi l’immagine del suo personaggio come avatar.

A partire dallo scorso luglio, e non prima, Galindo è citato sui principali social media, in particolare su TikTok, Instagram e YouTube, ovvero le piattaforme più amate dai giovanissimi.

A conoscerlo sono i bambini di tutto il mondo, ma è facile verificare in rete che non esistono elementi che ne possano dimostrare l’esistenza in vita.

Chi ha scandagliato il web alla ricerca di tracce dell’effettiva presenza dell’operato di criminali dietro il nome del sinistro personaggio non ha trovato tracce di Jonathan Galindo nel dark web, ovvero l’insieme di risorse in rete nascoste ai motori di ricerca come Google e accessibili attraverso speciali software.

Mentre nel caso della Blue Whale era possibile reperire video di adolescenti che documentavano le loro sfide, questo non è accaduto nel caso di Galindo.

Passando al setaccio il Clear web, ovvero l’Internet che tutti conosciamo e le relative piattaforme sociali, è possibile constatare che il fenomeno è ancora poco diffuso, ed è difficile che il bambino vi sia incappato se non opportunamente instradato.

Ma da chi e perché?

Galindo è descritto in alcuni video pubblicati da cosiddetti influencer ed è citato all’interno di un numero esiguo di post sulle varie piattaforme.

Ad alimentare le paure attorno al mostro Galindo c’è proprio la testimonianza di un influencer messicano di nome Carlos Name, che ha raccontato ai suoi quasi 2 milioni di follower di averlo incontrato una notte davanti a casa sua.

Accertato che Galindo non esiste e che non vi è traccia di attività criminali a esso correlate, val la pena riflettere sull’importanza di non alimentare la leggenda attorno a questo discutibile personaggio.

Occorre spiegarlo ai propri figli, per evitare che qualche malintenzionato possa sfruttare l’interesse in queste maschere per adescarli e soggiogarli.

Nel caso del bimbo napoletano, andranno analizzati i contatti in rete nei giorni precedenti al suicidio in cerca di messaggi e conversazioni che possano averlo indotto al tragico gesto.

Data la giovane età, è possibile che il bambino sia stato contattato da estranei attraverso la console PS4 oppure attraverso una delle applicazioni che aveva sul telefono (ad esempio WhatsApp, Instagram, TikTok…), ma non si può escludere che possa esser stato preso di mira da qualche coetaneo che lo ho spaventato al punto di fargli credere che un fantomatico personaggio come “Galiendo” lo avesse scelto per una serie di prove estreme.

Purtroppo, la cronaca è piena di feroci atti di cyberbullismo che negli anni hanno dimostrato di poter avere conseguenze devastanti sulle vittime.

Occorre prendere atto che l’unico modo per proteggere i ragazzi dalle insidie delle nuove tecnologie è imparare a conoscerle e spiegarle.

Non è sufficiente privare i bambini dell’accesso alla rete, ma accompagnarli passo dopo passo, insegnando loro come condividere con i genitori ogni paura e di avvisarli immediatamente qualora fossero avvicinati da qualcuno in rete.

Un atteggiamento troppo restrittivo potrebbe portarli a ricercare quello che si vieta altrove, magari a casa di un amico mentre si studia, e in quel caso non vi sarebbe alcuna possibilità di controllo.

I genitori possono denunciare ogni evento sospetto alla Polizia Postale e delle Comunicazioni sul cui sito sono reperibili molte informazioni utili in merito ai fenomeni criminali online, soprattutto relativi ai crimini perpetrati ai danni dei minori, come l’adescamento online ed il cyber bullismo.

* Pierluigi Paganini è Membro Gruppo Threat Landscape Stakeholder Group ENISA (European Union Agency for Network and Information Security). Collaboratore SIPAF –  Prevenzione dell’ utilizzo del sistema finanziario per fini illegali – Ministero Dell’Economia e delle Finanze