«Chi è con Salvini non può dirsi cristiano, perché ha rinnegato il comandamento dell’amore». La “scomunica” al vicepremier dopo il comizio da crociato armato di rosario a piazza Duomo a Milano («affido la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria, che sicuramente ci porterà alla vittoria») arriva dal vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, monsignore di frontiera che parla chiaro: «Non possiamo più permettere che ci si appropri dei segni della fede per smerciare le proprie vedute disumane, antistoriche e diametralmente opposte al messaggio evangelico».

Quella di Mogavero non è restata una voce isolata, come invece accaduto altre volte: quando Salvini chiuse il comizio per le elezioni politiche del 2018 brandendo Vangelo e rosario, il silenzio dei vertici ecclesiastici fu assordante. Non in questa occasione, segno evidentemente che l’asticella è stata alzata un po’ troppo, tanto che persino i media integralisti, sostenitori delle posizioni di Salvini su radici cristiane e famiglia, tacciono. «La politica partitica divide, Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso», ha detto domenica il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, la “voce” di papa Francesco. E un altro affidabile interprete del pensiero bergogliano, il gesuita Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica: «Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato. Se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio».

Il vicepremier però sembra imperturbabile: «C’è un’opposizione della gerarchia cattolica nei nostri confronti? Preti e suore votano con la loro testa, voteranno Salvini per quello che fa, non perché tira fuori un rosario», ha detto ieri sera in tv. Affermazione non infondata, perché è vero che parte del voto dei «cattolici della domenica» si riversa su Salvini. Ma il mondo cattolico impegnato nel sociale, spesso con i migranti, non ha dubbi. «Ci indigna profondamente l’utilizzo strumentale del rosario, chiedendo voti alla Madonna», mentre «i migranti muoiono nel Mediterraneo, nel silenzio dell’indifferenza dei caìni del mondo», scrivono i missionari comboniani d’Italia.

E i docenti di Storia del cristianesimo della Pontificia facoltà teologica Italia meridionale di Napoli parlano di Salvini come di «un predicatore incallito che ricorre a tutti gli stratagemmi della retorica religiosa, senza curarsi della blasfemia delle sue parole pronunciate dinanzi a spettatori che intende convertire alla nuova religione dell’odio e dell’intolleranza», ad una «pericolosa religione civile che afferma la solidarietà come reato, l’accoglienza come alto tradimento e che agita la croce come strumento di offesa per colpire tutti i crocifissi della storia. Anche negli anni del peggiore collateralismo democristiano, e perfino in quelli terribili della dittatura fascista, anch’essa ad arte mascherata come promotrice di valori cristiani, non si era arrivati mai ad una strumentalizzazione tanto volgare». Poi sull’affidamento al Cuore immacolato di Maria, «Salvini è in buona compagnia», concludono gli storici cattolici: prima di lui ci sono state le Madonna pellegrine «usate come talismano elettorale negli anni ‘50» e soprattutto «il sanguinario e cattolicissimo generalissimo Franco in Spagna» che «mentre condannava a morte sindacalisti, studenti e oppositori politici dedicava la Spagna al sacro Cuore di Gesù».