Due milioni di stranieri, provenienti da un solo paese, sono arrivati in Francia in pochi anni: si tratta di italiani e la migrazione massiccia è accaduta tra il 1860 e il 1870, quando con l’unità d’Italia lasciarono la penisola quattordici milioni di persone.
Dalla seconda metà del XIX secolo fino agli anni ’60 del Novecento, gli italiani hanno rappresentato la principale nazionalità di origine degli immigrati in Francia, un paese dove oggi un abitante su quattro è immigrato o di famiglia espatriata. Una mostra al Musée National de l’Histoire de l’Immigration, alla Porte Doré, dal titolo emblematico Ciao Italia (visitabile fino al 10 settembre), per la prima volta racconta questa storia, che è fatta di successi, di contributi importanti all’economia e alla cultura del paese di accoglienza, ma anche di pregiudizi, repressione e violenze.

LA RASSEGNA PRESENTA con una misurata pacatezza questo percorso, per illustrare come, alla fine, quel numero consistente di persone venute da fuori si siano fuse nel paese d’accoglienza, cambiandone i connotati. Gli italiani in Francia infatti sono lavoratori, ma anche artisti, costruttori automobilistici (Bugatti), re dei media (Cino Del Duca quando morì nel 1967 era alla testa del quarto gruppo di stampa francese, presente pure nel cinema). Un modo per sdrammatizzare l’immigrazione, attraverso lo sguardo incrociato di storici e artisti, in un periodo in cui sta soffiando un brutto vento di rigetto.
«Gli apporti dell’immigrazione italiana sono stati immensi e si sono manifestati in tutti i campi, dall’industria automobilistica a quella del cinema passando per i media, l’arte di vivere, l’artigianato, il commercio, le miniere, la siderurgia o i lavori pubblici», ha spiegato la direttrice del museo, Hélène Orian. Eppure, ha aggiunto, «questa storia era cominciata male».
Fino agli anni ’30, gli italiani erano malvisti, vittime di insulti e preconcetti, anche di estremi atti di brutalità, come i Vespri marsigliesi del 1881 (la «caccia agli italiani» tra il 17 e il 20 luglio fa 3 morti e 21 feriti) e gli scontri di Aigues Mortes, il 16 agosto 1893 (8 morti e più di 50 feriti). Sarà poi un anarchico italiano, Sante Caserio, in un contesto di lotte operaie e di forte repressione, a uccidere il presidente francese Sadi Carnot il 23 giugno 1894.

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La presenza italiana in Francia esiste dalla notte dei tempi – epoca romana, poi Medioevo ed era moderna. I Medici, Concini, Mazarino, Leonardo da Vinci, Lully hanno scritto la storia francese, in campo politico e in ambito culturale. Artisti come Amedeo Modigliani, Alberto Magnelli, Gino Severini, Cremonini sono les Italiens de Paris. Alcuni tra i nomi più famosi del cinema e dello spettacolo sono franco-italiani (come Yves Montand, Serge Reggiani o Lino Ventura).
Dopo la prima grande ondata del decennio 1860-70 e il periodo delle violenze e delle passioni (1880-1910), con l’avvento del fascismo, più di ottocentomila italiani arrivarono in Francia, mentre le strutture consolari cercavano di tenere sotto controllo gli immigrati (come succede oggi con altre nazionalità, l’ultimo esempio è quello dei turchi, che tanto ha fatto discutere recentemente, a causa di comizi pro-Erdogan).

L’ULTIMO PERIODO iniziò con l’accordo franco-italiano sulla manodopera del 1947, con l’arrivo di una migrazione di lavoratori. Ma gli anni ’60 sono stati anche quelli della Dolce Vita di Fellini, da cui scaturì un’immagine glamour dell’italianità, vicina a quella diffusa oggi (moda, design, gastronomia etc.).
Gli italiani sono ormai più che integrati. Ma come sono nati i pregiudizi, che persistono per molte altre nazionalità di origine? Una mostra al Musée de l’Homme, Noi e gli altri – dai pregiudizi al razzismo (fino all’8 gennaio 2018), cerca di offrire delle risposte incrociando antropologia, biologia, sociologia e storia, anche con il ricorso a strumenti interattivi che stimolano il visitatore a mettersi in discussione. Quattro gli esempi storici evidenziati: la segregazione negli Usa, il nazismo, il genocidio in Ruanda, la colonizzazione francese. Una frase dello scrittore-musicista Gaël Faye (nato in Burundi, oggi vive in Ruanda) fa riflettere gli europei in crisi: «La guerra, anche senza chiederlo, si incarica sempre di trovare un nemico».