Plasmon, lo storico marchio di biscotti che ha cresciuto diverse generazioni di italiani, è pronta a licenziare 204 dipendenti. Dopo gli scioperi degli ultimi giorni, il ministero dello Sviluppo si è convinto a convocare un tavolo a Roma, che potrebbe essere fissato per il 2 ottobre.

«Allo sciopero ha aderito quasi il 90% del personale – spiega Mauro Macchiesi, della Flai Cgil – È un risultato straordinario, visto che di solito gli impiegati non scioperano. Invece lunedì davanti agli stabilimenti di Milano si è assistito a scene che ricordano la crisi di Lehman Brothers: molti uomini in giacca e cravatta che uscivano dagli uffici con i loro cartoni di effetti personali».

Il taglio maggiore riguarda impiegati e quadri, controllo qualità e ricerca, la gran parte dei quali lavora a Milano: 112 dipendenti a rischio su 332. A Latina, stabilimento rientrato in funzione lo scorso anno, il taglio riguarderebbe 56 lavoratori su 398. A Ozzano, in provincia di Parma, che si occupa della produzione, saranno licenziati 36 operai su 216. «Si tratta di licenziamenti senza ragione – prosegue Macchiesi – che anzi incideranno sullo sviluppo dell’azienda». Nel 2012 la Plasmon Heinz ha realizzato un utile di 34 milioni. Ma perché ora si ritrova con un debito di oltre 12 miliardi e sta aprendo una procedura di mobilità che riguarda 204 dipendenti?

Fino al gennaio 2013 la Plasmon era controllata dalla multinazionale Usa Heinz, di proprietà di Teresa Heinz Kerry, moglie dell’attuale segretario di Stato americano John Kerry. A febbraio si è iniziato a parlare di acquisizione da parte del gruppo che fa capo a Warren Buffett, l’uomo più ricco del mondo nel 2007 e 2008. La maxi holding del miliardario statunitense, la Berkshire Hathaway, ha comprato la Heinz (e quindi anche la Plasmon) insieme alla brasiliana 3G Capital, che controlla Burger King. L’operazione è stata effettuata al costo di 23 miliardi di dollari e commentata come una delle più grandi acquisizioni nel settore del food & beverage.

A luglio, ad acquisto concluso, la Heinz si è ritrovata con un debito di 12 miliardi di dollari. Di ricasco, quindi, ne ha sofferto anche la Plasmon, che di suo vantava fino ad allora un patrimonio netto di quasi un miliardo di euro e quasi nessun debito bancario.

Un mutamento dell’assetto societario mette oggi in pericolo il futuro di un’azienda che, spiega il sindacalista Flai, «nonostante la crisi dei consumi è ancora uno dei simboli del made in Italy». «Siamo profondamente preoccupati – riprende – Temiamo esternalizzazioni e decentramenti, metodi tipici dell’attuale direzione aziendale». La Heinz, con oltre 20 marchi alimentari noti in tutto il mondo, è tutt’altro che in crisi. Agli azionisti della Plasmon spettano dividendi pari a oltre 270 milioni dei dollari.

Sperando di evitare la sorte dei 1200 colleghi irlandesi e canadesi licenziati quest’estate nel riordino della Heinz, i lavoratori hanno deciso di reagire, conclude Macchiesi, «all’ennesima mattanza di capitale umano, come sempre accade quando si investe per fare più profitti finanziari che industria».