Si intitola «Caccia al virus» (Donzelli) il libro con cui il microbiologo Andrea Crisanti e il giornalista Michele Mezza hanno appena messo nero su bianco il loro dialogo sul virus e sulle strategie per contenerlo. Crisanti il virus lo ha «cacciato» davvero come un segugio. A Vo Euganeo è andato casa per casa a tracciare e analizzare il contagio, scoprendo così tra i primi al mondo che anche chi non mostra sintomi può veicolare il virus.

Proprio questa proprietà del Sars-CoV-2 lo rende difficile da controllare: individuare i focolai è arduo perché tra un caso di Covid-19 e un altro può esserci una lunga catena di infezioni “silenti”. La “caccia al virus” non può dunque limitarsi a somministrare terapie e vaccini: «una strategia sanitaria efficace e flessibile deve essere necessariamente sempre multifattoriale», scrive Crisanti. Deve svolgersi anche sul piano della prevenzione, con le misure rigorose che lo scienziato romano (oggi direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova) ha sempre sostenuto anche quando la ricerca del consenso lo avrebbe sconsigliato.

Ma soprattutto richiede un approccio al tracciamento del contagio più efficace, che faccia uso anche delle tecnologie informatiche. Anche se talvolta questo significa comprimere il diritto alla privacy, per scandagliare dove e chi può aver propagato il contagio. «Governare nell’interesse di tutti significa anche assumersi la responsabilità di mutare, gestire, misurare le eccezioni alla privacy dei cittadini» scrive Crisanti. «Il problema consiste piuttosto nell’aver affidato (e nel continuare ad affidare) queste delicatissime eccezioni non alla sanità pubblica, ma piuttosto – in outsourcing – a Google, Amazon e Facebook, che si sono arrogate il diritto di esercitare autonomamente con i loro algoritmi l’arbitrato nella nostra vita».