Tra i suoi principali riferimenti ci sono i maestri jazz della tastiera come McCoy Tyner e Bheki Mseleku. Ma anche Randy Weston, Don Pullen e naturalmente Abdullah Ibrahim. Bheki Mseleku è morto in esilio essendo sfuggito all’apartheid, ma era nato a Durban, nella provincia di KwaZulu-Natal da dove proviene anche Nduduzo Makhathini, pianista e compositore imbevuto della tradizione Zulu e di un’educazione alla chiesa sionista. Per capire le sue composizioni bisogna partire da queste semplici premesse. Modes Of Communication:Letters From Underworlds, è il suo nono disco, che segna il debutto con la storica etichetta Blue Note. Un album dove il pianista dimostra la sua predilezione per il connubio tra i parametri jazzistici (il jazz modale) e le sue radici sudafricane. In un’interessante intervista su All about jazz ha dichiarato che quando suona, gli capita di pensare ai racconti degli anziani sulla mbira: la mano destra rappresenta la scoperta (improvvisazione), in connessione con le radici, mentre la mano sinistra la composizione come definizione delle idee. Questo è un retaggio palpabile, in effetti, nel pianismo di Makhathini, così come la sua idea che il jazz abbia compiuto più volte il viaggio da una sponda all’altra dell’Atlantico Nero.