La rete unica – che si chiamerà AccessCo – nascerà non oltre il primo trimestre del 2021. Lo afferma Tim dopo il via libera del proprio consiglio di amministrazione e di quello di Cassa depositi e prestiti alla firma di una lettera d’intenti per la realizzazione del più ampio progetto di rete unica nazionale attraverso la fusione tra FiberCop e Open Fiber. La due diligence sarà effettuata entro la fine dell’anno.
Il cda di Tim intanto ha dato il via libera alla nascita di FiberCop. Il fondo americano Kkr acquisisce per 1,8 miliardi il 37,5% della società, a cui sarà conferita la rete secondaria di Tim (dall’armadio di strada alle abitazioni dei clienti) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture partecipata da Tim e Fastweb. Tim deterrà il 58% della nuova società e Fastweb il 4,5%. Si prevede che FiberCop avrà ricavi a partire dal 2025 e non richiederà iniezioni di capitale da parte degli azionisti.
Sarà questo il primo nucleo della società che poi si trasformerà in AccessCo: quest’ultima avrà anche le cosiddette «dorsali in fibra» e – a meno di colpi di scena – incorporerà l’attuale concorrente Open Fiber. La società controllata ora pariteticamente da Cdp ed Enel con la società elettrica guidata da Francesco Starace che attende una proposta vincolante del fondo australiano Macquarie per uscire dalla partita, con Cdp che salirà oltre l’attuale 50%.
«Open Fiber – ha commentato ieri sera l’amministratore di Cdp e vero regista dell’operazione Fabrizio Palermo – resta, infatti, a tutti gli effetti, con il suo management, con le significative competenze sviluppate in questi anni, un asset fondamentale per la creazione dell’infrastrutturazione digitale dell’Italia».
Ma l’orizzonte della società che gestisce il risparmio postale degli italiani ora è molto più largo. «In aggiunta alla rete unica nazionale, Cdp e Tim daranno immediato avvio alle valutazioni per ulteriori aree di possibile cooperazione per perseguire lo sviluppo di altre tecnologie (5G, hedge computing, Data Center, Cloud e altro), cosi da facilitare la rapida introduzione di tecnologie innovative che migliorino l’accessibilità del paese».
Questa è anche la posizione del M5s – e della ministra dell’Innovazione Paola Pisano – che spinge per allargare la rete unica in maniera totale.
«È il calcio di inizio per una nuova fase nel settore delle telecomunicazioni, chiuderemo definitivamente il gap delle reti a banda ultralarga nel paese», afferma Alberto Calcagno, ad di Fastweb.
Della partita poi farà parte anche in maniera molto minore la Tiscali di Soru che ieri in Borsa ha registrato aumenti da 14%. La maggioranza di azioni sarà di Tim – 50,1% – ma nella governance il peso di Cdp – e quindi del «pubblico» – sarà maggiore.
A metter i bastoni tra le ruote al progetto che ha avuto l’avallo sia politico che finanziario potranno essere solo le Autorithy italiane ed europee – ma al momento sembra assai improbabile – e le altre compagnie telefoniche – Vodafone,WindTre – o le altre grandi società delle comunicazioni che si stanno buttando sul mercato della banda larga come Sky. Il loro appello comune per «un mercato competitivo, trasparente e neutrale» è un modo per entrare nella partita, sapendo però che il treno è già in corsa e non può essere fermato.
Quello che invece può essere ancora fermato e che un po’ tutti gli attori privati in gioco cercano di fare è bloccare la salita di Cdp – e il calo dei francesi di Vivendi, attuali primi azionisti – direttamente in Tim. Lo spauracchio della «nazionalizzazione» serve per avere una Tim debole, pronta allo spezzatino – AccessCo sarà nel suo perimetro o fuori? – e con i 100 mila dipendenti fra diretti e indiretti con il posto di lavoro a rischio.