Dopo quarantotto episodi televisivi, Gomorra, nato come libro, proseguito come film, torna al cinema con il titolo L’immortale. Ci dicono si tratti di un ponte ideale per una nuova quinta serie tv. L’immortale è nientemeno che Ciro di Marzio, colpito al cuore al termine della terza serie tv, resuscitato per l’occasione, la pallottola sparata a bruciapelo si sarebbe fermata a un centimetro dal cuore, così che ha potuto essere ripescato dal mare e dopo un coma riportato a vivere, male. Il nome gli deriva dal fatto che nel terremoto dell’80 era miracolosamente sopravvissuto.  E la nuova  esperienza conferma l’immortalità. Così il nostro viene mandato a Riga a trafficare come sa, trasformando una comunità di magliari napoletani in trafficanti all’ingrosso.

Mentre lettoni e russi si combattono per controllare il mercato locale. Tradimenti, mitragliate, esplosioni. Nulla di nuovo, quindi. Il deja vu viene in parte rimediato dai flashback di Ciro bambino che da orfano impara il mestiere nella paranza. Così, il piccolo apprendista stregone si appropria della scena creando empatia, mentre la sua versione adulta non ha altra espressione se non un grugno silente. Interprete e debitore nei confronti del successo del personaggio è Marco D’Amore che infatti non solo lo resuscita, ma lo riprende, lo interpreta di nuovo e lo dirige come regista dopo avere partecipato alla sceneggiatura. Troppo per chiunque e troppo poco per chi da un film vorrebbe qualcosa che vada oltre una minestra tv riscaldata.