L’inevitabile quotidianità a cui ci costringe la pandemia, getta anche i palinsesti televisivi in appiattimenti obbligati e un po’ omologati. Domenico Iannacone prova a muoversi su differenti coordinate, in parte perché vincolato da materiale girato prima che il Covid-19 entrasse nelle nostre vite, ma non solo. Perché nelle sei puntate del secondo ciclo di Che ci faccio qui partito domenica su Rai3 alle 20.30 (ma disponibile on demand su Raiplay) si/ci sottopone ad alcuni scottanti interrogativi: prima che la pandemia ci travolgesse chi eravamo veramente? Quale era la nostra visione del mondo? Ci siamo mai curati di quello che succedeva attorno a noi e agli altri? Come in una istantanea, il giornalista molisano racconta quella esistenza «prima» che il dramma irrompesse nelle nostre vite, quasi uno specchio dove guardarci – in maniera impietosa – per comprendere cosa abbiamo fatto, ma più spesso cosa «non» abbiamo fatto per noi e per gli altri.

UNO SGUARDO dolente sulle vite emarginate, ma anche su momenti di riscatto. Il nuovo viaggio è partito sulle strade di Rosarno in un’inchiesta divisa in due parti, la prossima la vedremo domenica 17 maggio, nell’inferno degli accampamenti dei braccianti, tra lavoro nero, caporalato e esistenze ridotte in schiavitù. «Avevamo terminato le riprese a pochi giorni dalla chiusura delle prime zone rosse – spiega Iannacone all’Ansa – cui sono seguiti gli altri decreti di lockdown per tutto il paese. Ma ho pensato che quanto avevamo girato, era tutto collegato con l’attualità immediata». La ricostruzione, appunto, degli ultimi tratti di un’umanità che subito dopo non sarebbe più stata la stessa. La scelta di Rosarno, ovviamente non è casuale: «Quel pezzo di Italia è diventato l’epicentro dello sfruttamento di esseri umani costretti a lavorare senza diritti e senza tutele. In quelle stesse terre dilaga la povertà per moltissimi italiani, anche loro abbandonati a se stessi e privati di ogni forma di sussistenza». Ad accompagnarlo in questo viaggio fra gli ultimi Barolo Mercuri, un negoziante di mobili che da più di 20 anni, dedica la propria vita alle persone più fragili e povere del suo territorio. Nella terza puntata si passa a una storia sul diritto all’ esistenza degli animali, quella di un allevatore che ha creato un luogo nel quale accoglie e cura animali che erano destinati al macello.

LA QUARTA e la quinta si concentrano sulla realtà di Corviale, il serpentone di cemento della periferia romana dove vivono quasi cinquemila persone e dove un ex calciatore ha creato il ’Campo dei miracoli’: un nuovo modello di integrazione attraverso il calcio sociale. Con l’ultimo appuntamento, la troupe del programma prodotto da Hangar Tv di Gregorio Paolini – si sposta a Torino, all’interno di un’azienda che a un certo punto ha deciso di dedicare una parte della sua attività al recupero e alla rigenerazione degli elettrodomestici usati e buttati. Nuovo sostenibilità ambientali.