Parlare di città autosufficienti e capaci di produrre gran parte del proprio fabbisogno alimentare è un’espressione che potrebbe far sorridere. La produzione agricola nelle aree abitate non solo è stata parte integrante della storia recente, ma continua ancora oggi a rappresentare una solida realtà. Con la sola differenza che oggi essa è tanto più importante quanto maggiore è lo stato di calamità che l’accompagna, siano esse crisi economiche o conflitti armati.

Questo fenomeno non è però prerogativa delle sole aree povere. Certo non dovrebbe sorprendere che a Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo, fra le più grandi aree metropolitane del mondo, la produzione annuale superi le 75 mila tonnellate. Così come non dovrebbe stupire il fatto che L’Avana sia capace di produrre il 60 per cento del proprio fabbisogno. Il lungo isolamento di Cuba ha fatto di di questa città una delle capitali mondiali dell’agricoltura urbana e, a causa dell’assenza di prodotti di sintesi, dell’agro-ecologia moderna. A Rosario, in Argentina, l’agricoltura urbana è integrata nelle politiche economiche e sociali della città da quando questa ha permesso letteralmente la sopravvivenza delle fasce più povere della città, durante la crisi argentina di fine anni ’90. Ancora oggi, l’orticoltura urbana soddisfa un quarto del fabbisogno cittadino e rappresenta una forma d’impiego.

Ma la realtà che più sorprende è Detroit. Nei primi anni duemila, la crisi dell’indotto automobilistico ha lasciato a casa migliaia di lavoratori. La bolla immobiliare, che ha impedito a molti di restituire il prestito contratto per l’acquisto della propria abitazione, ha fatto il resto: in vent’anni la città ha perso un terzo della sua popolazione. Le aree vuote e dismesse sono così state prese d’assalto per la coltivazione di orti, privati o collettivi. A volte creando vere e proprie fattorie urbane che ancora oggi offrono prodotti freschi e occasioni d’impiego professionale. Un risultato non da poco, se consideriamo che le fasce più povere della società nord-americana (soprattutto afro-americani) non hanno accesso a prodotti freschi.