«Facciamo i turni al presidio, la fabbrica non la lasciamo mai, neppure di notte. Se l’azienda pensa di portare via i macchinari ha capito male. Da via Argine non esce niente»: Vittorio Del Piano lavora alla Whirlpool di Napoli, nella sede che la multinazionale Usa vuole cedere alla svizzera Prs a partire dal primo novembre. La Prs in due anni dovrebbe riconvertire la produzione dalle lavatrici ai container autorefrigeranti. Nessuno, a cominciare dal governo, giudica la start up elvetica affidabile.

«IN BASE AL PIANO ITALIA firmato a ottobre 2018 – spiega Antonio Accursio, segretario regionale Uilm – Whirlpool si impegnava a non licenziare fino al 31 dicembre 2020 in cambio delle agevolazioni concesse dal governo. Gli svizzeri evidentemente servono per fare il lavoro sporco. La storia del brevetto per i frigo l’abbiamo già vista: a Pignataro Maggiore, nel casertano, era la Siltal al posto di Lg. Progetto fallito». Se anche Prs dovesse fallire, il sito di via Argine tornerebbe nelle mani del colosso Usa, pronto per fruttare ancora ma privo di operai. «Siamo arrivati a realizzare in un anno solo 300mila pezzi perché l’azienda non ha trasferito le produzioni promesse – spiega Raffaele Romano -. Il piano prevedeva ulteriori 400mila unità da spostare su Napoli da altri siti, a cominciare da Comunanza. Il 31 maggio ci hanno detto che siamo in perdita e dobbiamo chiudere ma non sono credibili: prima ci porti le produzioni e poi verifichi se siamo in perdita. Se l’hai deciso in partenza o hai detto una bugia quando hai firmato il piano oppure hai sbagliato i prodotti».

Ieri a Napoli i lavoratori si sono mossi in corteo da piazza Municipio verso la sede della giunta regionale cantando Bella ciao. L’assessore alle Attività produttive ha promesso una seduta del consiglio. Il governatore ha messo sul tavolo fino a 20 milioni da investire a via Argine, che rientra nel perimetro delle Zone economiche speciali, ma ci vuole un piano industriale serio con un orizzonte temporale di 7 anni.

Whirlpool ripete che il mercato è in crisi a causa dei dazi e Napoli è in perdita di 20 milioni, senza dare dettagli. La Fiom ha pescato un’analisi della società GfK che racconta l’opposto: nel primo semestre del 2019 il mercato mondiale del settore Grande elettrodomestico è in crescita del 2,7%. Per il 2019 GfK prevede un fatturato di 182 miliardi di euro a livello mondiale, con una crescita del 2%. Segno più in Europa e anche in Italia (+ 1,9%). Il comparto del lavaggio fa segnare più 2%. «Il problema non è Napoli ma i modelli e le scelte Whirlpool», concludono gli operai.

A Siena tremano: non ci sono altri siti dell’azienda in Toscana e la fabbrica ha impianti più vecchi di Napoli. Paura anche a Comunanza, che avrebbe dovuto cedere le lavatrici per tenere le lavasciuga. L’azienda rifiuta di dire dove andrà la produzione di via Argine, il sospetto è che migri in Polonia e non nelle Marche. A Fabriano ieri hanno scioperato gli impiegati della sede centrale e gli operai di Melano: «Siamo solidali con i colleghi partenopei, non vogliamo che l’accordo 2018 sia smontato pezzo per pezzo. A Fabriano del resto continua il trasferimento di funzioni verso la Polonia».

IL SITO AFFARITALIANI ha trovato nel bilancio Whirlpool 2018 «un taglio di costi fissi strutturali per almeno 50 milioni di dollari nell’area Emea», quella dell’Italia, nonostante si fosse impegnata a investire in tutti i siti italiani. «Non abbiamo mai considerato credibile che una multinazionale possa radicalmente cambiare il piano industriale in pochi mesi. L’azienda era consapevole che con la chiusura di un sito non avrebbe avuto i sostegni ottenuti con l’accordo» spiega Francesca Re David, segretaria generale della Fiom. «Devono aver pensato che fosse più semplice liberarsi di via Argine – dice Rosario Rappa, segretario Fiom Napoli -. Andremo avanti fino alla fine mettendo in campo tutte le iniziative possibili per difendere lo stabilimento che è proprietà della Whirlpool ma anche dei lavoratori e di chi lo ha finanziato. Non permetteremo che esca neanche uno spillo».