«Cosa penso di Xi Jinping? – ha dichiarato Putin alla Tv cinese – Le dirò che una volta abbiamo festeggiato un mio compleanno insieme, in modo molto semplice, alla fine di una giornata lavorativa. Con un bicchierino di vodka e qualche fetta di salame. Mi è parsa una persona molto accessibile e umanamente sincera. E un partner affidabile». Ormai tra i due presidenti, se non è amore, poco ci manca. I due leader si incontrano sempre piu spesso (stavolta l’ospite era Putin, sbarcato a Pechino ieri mattina) ma questo summit è in qualche modo storico perché Xi e Putin hanno apposto la firma a un documento comune in cui non si parla solo di business as usual ma anche di politica internazionale. Un clima da alleati strategici che non si era visto neppure nelle riunioni dei Brics. Sin dal preambolo del documento, lungo ben 15 pagine, i 2 Stati affermano di voler approfondire il rapporto politico: «Nelle condizioni di crescente instabilità e incertezza nel mondo, le Parti continueranno ad approfondire le consultazioni su questioni strategiche di sicurezza, a mantenere un intenso dialogo tra i ministeri degli Esteri e ad aumentare il coordinamento bilaterale».

Una necessità da sempre sentita da Mosca e da cui Pechino si era finora sempre sottratta con quella assertività tutta confuciana. Ora però, dopo i dazi di Trump, Xi non può più restare alla finestra e potrebbe diventare una sponda per Putin anche in Europa. Una collaborazione che come recita il documento si allargherà alla sfera militare («La Russia e la Cina intendono rafforzare ulteriormente i contatti strategici e il coordinamento tra le Forze armate dei due paesi, migliorare i meccanismi esistenti di cooperazione militare, ampliare la cooperazione nel campo dell’azione militare e della cooperazione tecnico-militare, affrontare congiuntamente le sfide della sicurezza globale e regionale», recita il documento) e alla cosmonautica: in quest’ultimo campo è prevista un’accelerazione che porterà i due paesi a progettare viaggi spaziali comuni entro il 2022. Secondo il documento, entrambe le parti difenderanno il ruolo centrale dell’Onu nella governance globale e «coordineranno il sostegno alle necessarie e ragionevoli riforme dell’Organizzazione e del suo Consiglio di sicurezza al fine di implementare meglio la Carta delle Nazioni unite». I due Stati ritengono necessario discutere queste riforme «esclusivamente attraverso consultazioni ampie e democratiche, senza stabilire limiti artificiali e imporre progetti immaturi al fine di raggiungere la rappresentanza e la voce dei paesi in via di sviluppo e una vasta gamma di piccole e gli stati intermedi».

Ma il piatto forte del menù preparato dai due presidenti è quello volto a contrastare l’interventismo umanitario di stampo anglosassone per riproporre il vecchio, ma sempre efficace adagio westfaliano del «cuius regio eius religio».
Putin e Xi Jinping hanno sottolineato di voler «resistere ai tentativi di qualsiasi Stato per svolgere un’azione militare unilaterale senza un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o senza il consenso del governo legittimo del paese sul cui territorio tali atti vengono realizzati». Inoltre Russia e Cina intendono plasmare l’architettura della sicurezza regionale «basandosi sul non-uso della forza o la minaccia della forza, il non-intervento di uno Stato negli affari interni di un altro Stato». Un approccio che potrebbe trovare il sostegno di molti paesi che un tempo si sarebbero chiamati «non allineati». E il lancio del guanto della sfida ai G7 su scala mondiale.