Questo articolo non è del manifesto ma è stato pubblicato dal sito Parallelo 41 
Lo ospitiamo non perché condividiamo tutto, ma perché merita lettura e riflessione (ndr).

Io che ero a Caivano ieri mattina, vi maledico

La nostra cronista Ilaria Puglia era a Caivano ieri mattina, quando la Forestale ha sequestrato quel campo pieno di bidoni tossici. Questo articolo non è solo il resoconto di quello che è stato trovato ma è anche un atto di accusa di una donna, di una mamma, di una cittadina del Sud, per lo stupro ambientale che è stato compiuto

Ero a Caivano, ieri mattina. Con un taccuino, un cellulare e il tablet, a dettagliare un orrore di proporzioni epiche, un disastro ambientale senza precedenti, un genocidio autorizzato e senza speranze. Ero a Caivano, ieri mattina, a respirare solventi e vernici. velenipugliaMi sono entrati dentro, nel naso, negli occhi, mi hanno afferrato lo stomaco e strappato l’anima, mi hanno fatto venire la nausea. La testa ha iniziato a girare ma sono rimasta lì a documentare. Mentre sentivo l’odore del solvente arrivarmi in gola (protetta dalla mascherina antismog, che era come non aver niente davanti alla bocca), mi dicevo: “Se sto qui, se riprendo tutto, se respiro quest’aria e racconto la devastazione di questa terra, se mostro la strage degli innocenti, delle centinaia di bambini che muoiono ogni giorno sotto gli occhi di tutti, forse la gente capirà, forse qualcosa si muoverà”. E allora perché non si muove nulla? Perché non ci muoviamo tutti noi?
Sono stata male tutto il giorno, di un male fisico, morale, di un male che non so neppure se sono capace di descrivere. Sono stata male a guardare quella terra, terra sana rimestata a veleno, terra coltivata, terra buona e cattiva assieme, che per anni ha dato frutti malati, velenosi, marci, che hanno avvelenato tutti noi, tutti. Sono stata male a guardare i residui di spazzatura che hanno insospettito i tecnici dell’Arpac, a pensare alle rilevazioni aeree, a quelle geotermiche, al lavoro della Forestale. Sono stata male a guardare quei pochi uomini e donne che si fanno in quattro per fare indagini, rilevamenti, sequestri e scavi. Sono talmente pochi che ti chiedi come facciano a fare tutto e a farlo così bene. Come facciano a sopravvivere di fronte alla burocrazia, più velenosa dei solventi, a delle istituzioni inerti e mute, di fronte a tutto lo scempio cui sono costretti ad assistere ogni giorno. Ti chiedi se ce la faranno, a fare in fretta, con tutte le indagini in corso, se ci salveranno tutti presto. E ti chiedi cosa ci stiano a fare commissari per le bonifiche, commissari per i roghi, ministri, deputati, assessori, presidenti, perché dobbiamo pagare loro lauti stipendi per non fare un cazzo, dopo vent’anni di denunce, dopo vent’anni che tutto questo è già noto e arcinoto. Perché lo sanno tutti.
I bidoni di oggi provengono da Milano. C’è una foto scattata da Sergio Siano (agenzia Newfotosud per “Il Mattino”) che lo documenta e che mostriamo. Milano, Lombardia. Vi dico io com’è andata: dei nordici bastardi industriali avevano dei rifiuti tossici da smaltire, ma lo smaltimento in regola costava troppo e, allora, questi gran geni che fanno? Si rivolgono alle ditte illecite, casalesi e non, ditte campane, perché no, mica era la loro la terra che stavano intossicando. Sapevano cosa facevano, ha ragione Patriciello, lo sapevano e l’hanno fatto lo stesso. Perché? Per denaro. Per risparmiare denaro. Chissenefrega se la gente muore. Magari hanno anche ucciso dei loro parenti, figli, fratelli, ma di fronte ai soldi si sono venduti anche le mamme.
Ditemi: come si fa a non desiderare la morte dei criminali che hanno fatto questo? Come si fa a non desiderare che il cancro invada le loro case e non più solo quelle dei piccoli bambini che muoiono ogni giorno? Sì, sono una pessima cristiana, ma non sono moralista, oggi proprio no.
Ieri, mentre ero lì, è arrivato Padre Maurizio. Avvilito, con il dolore a segnargli il volto. Camminava pianissimo, ai margini dell’area dove hanno trovato i bidoni interrati. Non avrebbe voluto vedere, perché nessuno dovrebbe, nessuno vorrebbe. Io non sono una donna di Chiesa, forse non ho più neanche la fede, forse non l’ho mai avuta, ma vedere quel grande uomo camminare come fosse piccolo piccolo mi ha riempito il cuore di una tristezza nuova, una tristezza solitaria.
“Mi perdoni, padre – avrei voluto dirgli – Ci perdoni tutti. Per non aver capito in tempo, per non aver denunciato prima, per non aver perso il sonno e la fame e la fantasia già anni e anni fa, come soltanto qualcuno di noi giornalisti ha fatto. Mi perdoni per esserci arrivata così tardi. Non sarà mai abbastanza quello che facciamo per questa terra”.
E l’ho visto, padre Maurizio, cercare con gli occhi il generale Sergio Costa, il comandante della Forestale. E Costa, che parlava con l’agricoltore proprietario del fondo avvelenato, lasciare tutto e raggiungere un uomo che è diventato un faro, l’unico faro di questa terra disgraziata. E ho visto padre Maurizio baciare le mani a Costa. Baciargli le mani perché sta facendo il suo lavoro, perché lo sta facendo bene, come dovrebbero fare tutti, a ogni livello e grado. Mi sono commossa, mi è venuto da piangere, da vomitare, ho barcollato un attimo per cacciare via la voglia di urlare e afferrare quella terra a manciate e partire per Roma e farla ingoiare a ministri e politicanti da strapazzo, a De Biase che continua a sparare frasi sconnesse, alla De Girolamo che a distanza di tre mesi dalla sua promessa ancora non ci ha mandato un’ombra di task force, alla Lorenzin e ai suoi stili di vita ridicoli, a Caldoro e a tutti i sindaci: DOVE SIETE? Vi dovete vergognare, tutti!
Un prete, un prete di periferia, che le istituzioni hanno anche offeso, è il catalizzatore dell’orrore, degli umori, di una battaglia che dovrebbe essere di tutti. L’unico.
Dovreste prendere le vostre poche cose, i vostri piccoli spiriti, le vostre piccole anime e coscienze e interrarvi voi nella terra malata, per sempre, tumularvi a vita. Voi che non siete in grado di spendere una parola una che sia intelligente, o logica, o almeno compassionevole. Voi che per anni non vi siete degnati di guardare in faccia il problema, voi che non venite qui a stringere tra le braccia ognuna di quelle mamme che hanno perso i figli per colpa anche vostra. Esistono, quelle mamme, esistono i morti, i malati, sono in ogni famiglia. Ma cosa volete di più per avere l’evidenza? A cosa vi servono i dati scientifici? E quali?
E dov’è la tracciabilità fiscale? Migliaia di imprese fuorilegge, di agricoltori che non dovrebbero essere lì ma che invece ci servono a tavola la morte. E voi? Dove siete tutti voi? A sparare proposte assurde e stupide in Parlamento, a fare leggi che non saranno mai applicate, a passeggiare per Roma indossando un abito buono. Certo, sono più importanti i voti di tutti i latifondisti incauti e assassini della vita di tutti noi. E allora dovete morire all’inferno, soffrire, come soffriamo noi, come soffre la terra che un giorno fu fiorente.
E io vi maledico, chi ha contribuito a questo orrore e chi non fa nulla per fermarlo. Non della maledizione di padre Patriciello, la maledizione cristiana, no. Vi maledico della maledizione più profana che esista, con tutto l’odio di cui sono capace, con l’odio di cui dovrebbero essere capaci tutti, se solo avessero un minimo di buon senso. Me lo carico tutto addosso, quell’odio. E me ne frego del moralismo, del perbenismo, del nonsifa. Perché sono una cronista, ma sono anche una mamma, sono una cittadina. E questa è la MIA terra.
Sono venuti da Milano per interrare il cancro. Interrano ogni giorno anche i campani, e si ammazzano da soli. Ma che razza di popolo siamo? Ma come ci siamo ridotti? Io non sono così. Io non sono come voi. Io, la mattina, quando mi guardo allo specchio, posso ancora essere fiera di ciò che vedo.
Aumentate immediatamente il numero degli agenti del corpo della Forestale, subito, domani. Date loro carta bianca su tutto, regalategli rilevatori geotermici a bizzeffe, perché senza quelli non si sarebbe trovato neanche un fusto. Condividete le indagini, tutti voi, corpi di polizia, carabinieri, tecnici e chiunque possa fare qualcosa. Qui non c’è personalismo che tenga, la battaglia è unica, di tutti, per tutti, viviate a Caivano, Chiaia o Canicattì, la morte a tavola riguarda tutti voi.
Dovreste inginocchiarvi di fronte a noi e chiederci soltanto perdono. E non ve lo daremmo lo stesso. Vergognosi, ecco quello che siete. Vergognosi. Mi fate vomitare. Come quei veleni di merda che ho respirato ieri mattina per ore. Ma sono viva e lotterò fino alla fine. Maledetti voi, vi fermeremo. In qualche modo vi fermeremo. Tanto ci avete già uccisi. Ribelliamoci, per la miseria. Ribelliamoci!